A CROTONE, COLPI DI SOLE: MATTIA BERNASCONI PRESBITERO AMBROSIANO CELEBRA LA SANTA MESSA IN COSTUME DA BAGNO A MOLLO IN ACQUA CON UN MATERASSINO GONFIABILE COME ALTARE.
«La Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa» è un concetto teologico medievale semplice che sicuramente S.E. Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano e successore di Sant’Ambrogio, conoscerà più che bene. Forse però questa massima medievale è sfuggita al suo presbitero Mattia Bernasconi che della messa ha fatto pubblico dileggio e oltraggio in quel di Crotone in località Alfieri-Scifo, facendo delle membra di Cristo, membra di una prostituta [Cfr. 1Cor 6,15].
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Sarò onesto,se fossi un giovane ventenne di oggi, me ne starei bene alla larga da questa Chiesa 2.0 che giorno dopo giorno trova nuovi motivi di orgoglio [Pridecome si usa dire] per mortificarsi e mortificare. Una Chiesa attentissima ai fini temporali quale l’accoglienza ai poveri e ai migranti, l’educazione alla legalità, l’impegno ecologista-dietetico-alimentare, la lotta politica a favore della pace, fino alla corsa spregiudicata verso la giustizia e la fratellanza universale di sanculottianamemoria ma diafana e sciatta quando si tratta di difendere e custodire il suo bene più prezioso che è l’Eucaristia e i divini misteri.
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E non è solo dell’Eucaristia che è doveroso parlare in questo frangente, ma del vero e proprio senso del sacro che è ormai sparito dalla Chiesa e dai “pretifici” arcivescovili, come li indicava il nostro Ariel S. Levi di Gualdo nel suo libro di oltre 10 anni fa: E Satana si fece trino. Come infatti sostiene giustamente il teologo e liturgista Nicola Bux: «Davanti all’Eucaristia prima del senso pastorale ci vuole il senso del sacro, cioè della Presenza divina» (cfr. QUI). E quale presenza divina si percepisce nella messa bagnata di Mattia Bernasconi? Sarei curioso di chiederlo al suo vescovo, così come al suo insegnante di dogmatica, di liturgia e di diritto canonico che sicuramente gli avranno spiegato cosa è la Messa cattolica e come la si celebra.
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Chissà a quale alto senso pastorale ― quello per intenderci del «pastore con l’odore delle pecore» ― è addivenuto Mattia Bernasconi nei suo anni sacerdotali per sentire l’irrefrenabile esigenza di celebrare con petto nudo e villoso, immerso fino alla cintola nel limpido mare di Calabria con un materassino gonfiabile per altare e un ministrante in costumino che regge il corporale per evitare che la brezza marina e le onde rovescino il calice (fatto forse di cialda di gelato?) e l’ostia magna (magari sponsorizzata dalla Algida?).
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Perché sia chiaro,oggi la missiondel prete sta nello sconvolgere, non nel santificare. Deve sconvolgere in ogni campo ― nel bene così come nel male ― fino a toccare gli eccessi di una porno-pastorale fatta di una supremazia assoluta della coscienza su ogni cosa, soprattutto sulle cose di Dio. «Una esperienza sconvolgente […] sconvolgente perché ha sconvolto di fatto molti nostri pensieri e, ovviamente, sconvolgente in senso positivo» [cfr. qui]. E tra uno sconvolgimento e un altro, arriviamo di fatto a quel capolavoro della morte di Dio che Nietzsche aveva preannunziato ma che noi preti 2.0 abbiamo realizzato nella pratica. Se coloro che servono Dio e l’Altare si mescolano alle bassezze di questo mondo, Dio è clinicamente morto nella loro vita e nel loro ministero e risorge così non l’uomo nuovo ma quello prometeico che nell’eccesso, nello sconvolgimento e nel fai da tedi una fede autocentrata cerca la salvezza nell’immanenza e non nella trascendenza.
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Caro Mattia Bernasconi presbitero ambrosiano, il tuo campo sulla legalità con i ragazzi della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano sarà stato pure un successo strepitoso ma adesso, per favore, sii così gentile da spiegargli che oltre alla legalità civile esiste pure una legalità dogmatica, liturgica e canonica che è indissolubilmente legata a quella salute dell’anima che la Chiesa desidera per i suoi figli e che tu come prete devi difendere con tutte le tue forze. Spiegagli, per favore che qualunque esperienza sconvolgente non autorizza a uccidere barbaramente il santo e perfetto sacrificio della Messa come tu hai fatto, irridendo l’insegnamento apostolico su cui si fonda la lex orandi e credendidella Chiesa. Il cuore dei tuoi ragazzi sarà forse un domani pronto e preparato a resistere alle lusinghe dell’illegalità ma sarà di fatto disarmato e insofferente di fronte al senso del sacro, ignaro di Dio, incapace di trattenersi con Lui, affaticato davanti al Santo che si rivela, così come è stato per Abramo, nell’ora più calda del giorno [Gn 18,1].
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Anche il più nobile dei valori civili e umanicostituisce un pallido riflesso se paragonato al tesoro dell’Eucaristia che è capace sì di edificare la Chiesa ma a condizione che questa ne riconosca il valore e la centralità feconda facendola diventare fons et culmendi ogni esperienza cristiana e di ogni cristiano in ogni tempo e stagione. Solo se riconosciamo nell’Eucaristia ben celebrata e ben preparata: «la cotidiana manna, sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di gir s’affanna» [Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, XI, 13-15] potremmo essere salvati come credenti e affidabili come presbiteri. E tu, caro Mattia presbitero ambrosiano, è proprio il caso che te lo dica, complice il sole calabro ti sei affaticato invano retrocedendo nella tua conoscenza di Cristo per seguire un moderno profilo pastorale di pastore con un male inteso «odore delle pecore». Con la speranza che con tutta quell’acqua e con il movimento delle onde quel senso pastorale si sia finalmente lavato via dal tuo sacerdozio, ahimè definitivamente.
p. Ivano Liguori
Dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini
Presbitero e Teologo
fonte: https://isoladipatmos.com