Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 18,1-8 (16 0tt. 2022)
1 Ora diceva loro una parabola perché bisogna pregare sempre e non incattivirsi, 2 dicendo: C’era un giudice in una città, che non temeva Dio e non rispettava uomo. 3 Ora c’era una vedova in quella città, e giungeva da lui dicendo: Fammi giustizia del mio avversario! 4 E a lungo egli non voleva. Ora, dopo questo, disse dentro di sé: Anche se non temo Dio e non rispetto uomo, 5 almeno perché questa vedova mi dà fastidio, le farò giustizia, perché non venga fino alla fine a rompermi la testa! 6 Ora disse il Signore: Udiste ciò che dice il giudice ingiusto! 7 Ora Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano a lui giorno e notte, e pazienta con loro? 8 Vi dico: Farà loro giustizia subito. Tuttavia, il Figlio dell’uomo, venendo, troverà forse la fede sulla terra?
Lectio di don Alessio De Stefano
Pregare senza stancarsi 18,1-8 - Anche un giudice disonesto cederà all’insistenza di una povera vedova che chiede giustizia! Come non lo farebbe il Signore? Come non lo farebbe Dio, vostro Padre? Insistere significa credere. Quante volte chi ha bisogno di giustizia si vede rimandata la data della sua causa, specialmente se si tratta di una persona che non ha “santi in paradiso?” Ai tempi di Gesù era frequente il caso che una donna, quando fosse restata vedova e senza molto denaro, non fosse in grado di gestire le controversie sulla divisione dei beni. In molti casi il poter avere l’assegnazione legittima di un bene, dopo la morte del marito, costituiva per una vedova l’unico mezzo indispensabile per la sua sussistenza. Talvolta le vedove si appoggiavano ad un avvocato o ad un procuratore, ma nel caso della parabola, la donna si rivolge direttamente al giudice. Di lui si dice che «non temeva Dio» (ton theόn me foboumenos) (v. 2). Siccome la storia si svolge in una città senza nome (cf v. 2), potrebbe essere che il giudice non fosse ebreo, né fedele alla legge di Mosè. Ipotesi ulteriormente avvalorata dal dire: «che non rispettava nessuno», poiché in Israele temere Dio e aver amore e cura dei fratelli erano un tutt’uno. Una certezza già confessata ampliamente nel Primo Testamento, dove Dio è il difensore dei deboli (Dt 10,17-18; Es 22,20-23; Sir 35,17- 18), benché ciò non avesse mai garantito - ahimè! - la fedeltà degli stessi pastori o dei giudici che erano al governo. Pur avendo essi, infatti, la primaria responsabilità di soccorrere le vedove e di rispondere alla loro causa, spesso e volentieri se ne dimenticavano. La parabola suona, quindi, fortemente critica nei confronti dei giudei attuali, i quali non hanno cambiato vizio rispetto ai loro padri. Ancora una donna a simbolo del popolo di Dio. La vedova è l’Israele sposa di Adonai che ha perso la preziosa presenza del suo Signore e non ha più pane per vivere, né diritto per farsi ascoltare. La vedova che insiste rivela il cuore di un marito che ancora la ama e le chiede di credere ancora nel suo amore, attraverso la forza della fede. Essa è memoria della città di Gerusalemme, quando rimasta sola e desolata, privata perfino dei figli, era chiamata ad offrire un sacrificio di lacrime al suo Dio. Oggi quella vedova ha rialzato il capo e grida di nuovo a Dio affinché le renda il suo pane e i suoi figli. La preghiera è la sua unica arma e Gesù la invita ad usarla sino in fondo. Insistere è ciò che deve fare. La sua immagine si appaia con quella del popolo che pregava nell’ora dell’incenso (Lc 1,10) e diventa simbolo di tutto Israele che attende il Signore.