«Non vivere su questa terra come un inquilino/ oppure in villeggiatura nella natura./ Vivi in questo mondo/ come se fosse la casa di tuo padre/ credi al grano, al mare, alla terra/ ma soprattutto all'uomo./ Ama la nuvola, la macchina, il libro,/ ma innanzitutto ama l'uomo./ Senti la tristezza del ramo che si secca/ del pianeta che si spegne/ dell'animale infermo/ma innanzitutto la tristezza dell'uomo».
Questi aforismi tratti da Forse la mia ultima lettera a Mehmet, del poeta turco Nazim Hikmet - correva l’anno 1932 - rimettono in primo piano non soltanto la condizione degli esiliati, dei rifugiati e dei profughi costretti ad allontanarsi dalle loro terre, ma ci aprono a un orizzonte più vasto: quello della correlazione tra la salute della terra - su cui tantissimi provano tristezza, mentre contemplano la tristezza del ramo che si secca, del pianeta che si spegne, dell’animale infermo – e la salute delle persone.
Questo ci viene ricordato ora anche dal Papa nel Messaggio per la trentunesima Giornata mondiale del malato (11 febbraio 2023). Bisogna imparare a distinguere – scrive il Papa, anche se è un impegno non facile - «quali assalti alla vita e alla sua dignità provengano da cause naturali e quali invece siano causati da ingiustizie e violenze…. In realtà, il livello delle disuguaglianze e il prevalere degli interessi di pochi incidono ormai su ogni ambiente umano in modo tale, che risulta difficile considerare “naturale” qualunque esperienza». Come a dire che gli attacchi al pianeta si addizionano con gli attacchi all’ambiente umano.
Come scrive lo stesso Nazim Hikmet, «da una parte/ gli aguzzini tra noi/ ci separano come un muro;/ d'altra parte/ questo cuore sciagurato/ mi ha fatto un brutto scherzo,/ mio piccolo,/ mio Mehmet/ forse il destino/ m'impedirà di rivederti». Qual è questo brutto scherzo del cuore? Esso è una premonizione della sorte storica del poeta, ma enuclea anche il grande tema, senza tempo, dell’amore per la sua terra, che non è solo Istanbul. Qualunque posto del mondo – macchine e libri sono emblemi della ricerca e delle realizzazioni tecno-scientifiche - è la casa di nostro padre, è la nostra casa, in cui non siamo né in affitto, né in villeggiatura. Oggi, secondo la Laudato si’ (24.5.2015) - che è consonante con queste atmosfere liriche - «la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi» (n. 21). L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile - un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU – impegna tutti a realizzare, entro il 2030, 17 obiettivi: non solo la salute e il benessere delle persone (terzo obiettivo) ma la stessa vita sulla terra (obiettivo 15).
Le infermità del corpo e la tristezza dell’anima di chi dimora sulla terra si addizionano e s’incastrano. Sono ancora necessari molti altri sforzi per sradicare completamente un’ampia varietà di malattie e affrontare numerose e diverse questioni relative alla salute. I bambini nati in situazioni di povertà (soprattutto in Africa sub-sahariana) hanno quasi il doppio delle probabilità di morire prima del compimento del quinto anno d’età rispetto ai bambini nati nelle famiglie più ricche: non è anche questa la causa della tristezza dell’uomo? Contemporaneamente, la deforestazione e la desertificazione pongono sfide considerevoli in termini di sviluppo sostenibile, e hanno condizionato le vite e i mezzi di sostentamento di milioni di persone che lottano contro la povertà. Insomma, tristezza dell’anima e tristezza del pianeta si fondono/confondono.
In occasione della Giornata mondiale della Terra (22 aprile 2021), papa Francesco affermò: «Anch’Io mi unisco a voi, a un appello a tutti i leader del mondo affinché agiscano con coraggio, operino con giustizia e dicano sempre la verità alle persone, perché la gente sappia come proteggersi dalla distruzione del pianeta, come proteggere il pianeta dalla distruzione che molto spesso noi inneschiamo». Quando, guardandoci allo specchio, potremo assaporare l’azzurro nuovo, come lo stesso Hikmet ha suggerito: «Le sei del mattino./ Ho aperto la porta del giorno e ci sono entrato/ Ho assaporato/ L’azzurro nuovo nelle finestre/ Le rughe della mia fronte di ieri/ Sono rimaste sullo specchio».
✠ P. Vincenzo Bertolone S.d.P.
Arcivescovo Emerito di Catanzaro - Squillace
(Fonte: Il Quotidiano di Calabria ed. Catanzaro)