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Vangelo di domenica 5 Marzo, Seconda di Quaresima

trasfigurazione.jpgVangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9 - Gen 12,1-4
1In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti»

Commento di p. Enzo Bianchi

Ogni anno nella seconda domenica di quaresima la buona notizia è la trasfigurazione, narrata dai tre vangeli sinottici, evento che noi celebriamo come mistero grande per poterlo vivere nella nostra sequela. Nella fatica di ogni giorno per seguire Gesù portando la nostra propria croce (cf. Mt 16,24) abbiamo bisogno di momenti in cui poter dire: “È bello per noi stare qui accanto a te, Gesù, nostro Signore!”; momenti in cui la luce del “Dio-con-noi” (Mt 1,23) si fa evidente, in cui la nostra fede è confermata dalla voce di Dio che ascoltiamo nel cuore: “È lui il mio Figlio amato, ascoltatelo!”. Sono momenti rari, di presenza elusiva, ma ci sono necessari…

Siamo infatti come Pietro e i discepoli che stavano con Gesù, ma che poco capivano della sua vera gloria, del suo vero potere, della sua vera fame. Non è un caso che il diavolo – l’abbiamo meditato domenica scorsa – abbia tentato Gesù dicendogli: “Se tu sei Figlio di Dio… domina il mondo!” (cf. Mt 4,3.6), e che Pietro poco prima della trasfigurazione, udito da Gesù l’annuncio della sua necessaria passione, gli abbia risposto: “Se tu sei Figlio di Dio, questo non ti potrà mai accadere!” (cf. Mt 16,22). Proprio Pietro che aveva, e lui solo, confessato la vera fede in Gesù – “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) –, in realtà non sa accettare precisamente questo: che Gesù, in quanto Figlio di un Dio che è amore, non poteva finire per dominare, ma poteva solo dare la sua vita, senza difendersi, e morire come una vittima dei potenti di questo mondo.

Ma ecco che Dio viene incontro a Pietro e a noi, “per rivelare che la passione che Gesù doveva soffrire era la sua gloria, gloria di resurrezione”, come si esprime il prefazio della liturgia odierna. Sì, il Figlio di Dio, che possedeva la forma di Dio e, venendo nel mondo, aveva preso la forma di uomo, dello schiavo (cf. Fil 2,6-7), ora per un momento, e per quanto era possibile vedere ai tre discepoli, riprende la forma di Dio.

Pietro, Giacomo e Giovanni, resi testimoni della trasfigurazione, dovranno ricordare questo evento quando saranno testimoni della defigurazione, della sfigurazione di Gesù nell’ora della passione, al Getsemani (cf. Mt 26,36-46). Ma noi sappiamo accogliere questa rivelazione di Dio su Gesù? Sappiamo discernere quella che è la vera gloria di Gesù e, di conseguenza, la gloria del discepolo?

Ascoltiamo bene questa buona notizia secondo Matteo. Gesù con tre discepoli, da lui scelti, sale su un alto monto, luogo della manifestazione di Dio. Così si mostrava come Mosè al quale Dio sul monte aveva parlato (cf. Es 24,9-18), donandogli anche un volto trasfigurato (cf. Es 34,29). Sul monte “il volto di Gesù brillò come il sole”, riflettendo la gloria divina di cui era avvolto quale Figlio di Dio da sempre; e accanto a lui apparvero Mosè ed Elia, la legge e i profeti, adempiendo la profezia di Malachia (cf. Ml 3,22-24). Ecco i precursori del Signore, e il Signore stesso tra di loro, il Veniente, secondo Malachia; ecco il profeta escatologico riguardo al quale Dio aveva chiesto: “Ascoltatelo!” (cf. Dt 18,15). La voce di Dio rivela che ora, proprio in mezzo a Mosè ed Elia, Gesù è il suo Figlio amato e unico: è lui la sua narrazione definitiva (cf. Gv 1,18), è lui che va ascoltato! E la sua gloria è riflessa su di noi se teniamo lo sguardo fisso su di lui: così anche noi saremo trasfigurati di gloria in gloria, grazie alla forza del Signore che è lo Spirito (cf. 2Cor 3,18).

Noi andiamo verso la Pasqua, e certo la croce che abbiamo abbracciato dietro a Gesù ci pare schiacciante e soprattutto ingiusta. Vediamo in essa non evidenza, perdita, debolezza, forse anche vergogna. Solo chi “indora” la croce e la riempie di gemme pensa di rimuoverne lo scandalo e la follia (cf. 1Cor 1,22-25; Gal 5,11), e così la porta e la ostenta per non esserne scosso né interrogato. Eppure proprio al discepolo è chiesto di guardare alla realtà, alla verità della croce, per scorgervi con gli occhi della fede l’unica gloria che essa racconta: l’essere a servizio degli altri fino a dare la vita per gli altri.

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