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"Pioveva quel giorno su Brest, ed io t’incontrai in via del Siam...." Così cantava Prevert

ombrello perso.jpgLa pietà di novembre invitava a pregare
e la voce dei morti mi tornava più cara.
Al mercatino mensile vidi il tuo volto,
il collo, gli occhi , il sorriso intrigante:
ogni cosa era al suo posto,
e non fu facile disegnare l’ansia di vita
il grido e il volo della farfalla
cresciuta al buio della notte.
Solo una cosa volevo sapere:
quali ferite e spine e segreto soffrire
nascondesse il tuo corpo
per salire assieme il muro del pianto.
Ed io contadino selvaggio scavai:
al calar della sera una spina mi punse
e una prece rivolsi a chi la vita ti diede.

Quando sento la tua voce provo vergogna
e più intenso il peccato nascosto:
il mio peccato che impasta la bocca.
Voglio ricamarti un mantello di violacciocche
e ritornare il fanciullino che fui.
Bianca ape, ebbra di miele,
ronzi nella mia anima.
Ed io, disperato, parola senza eco,
a te affido la mia ansietà ultima.
Chiudi gli occhi profondi.
Possiedi occhi ove aleggia la notte,
fresche braccia di fiore e grembo di rosa.
I tuoi seni rassomigliano alle conchiglie bianche.
Nei tuoi occhi aleggia una nobiltà ribelle.

Suo tuo ventre è venuta a dormire una farfalla d’ombra.
Il vento del mare caccia gabbiani stanchi
e dall’albero si lamentano le foglie, come infermi.
Ecco la mia solitudine da dove sei assente.
Abbiamo perso ancora questo crepuscolo.
Nessuno ci vide con le mani unite
mentre la notte azzurra cadeva sopra il mondo.
Io ti ricordavo con quella tristezza che sai:
ma a volte, come una moneta,
s’accendeva un pezzo di sole tra le mie mani.
Per la tua libertà bastano le mie ali.
Per il mio cuore basta il tuo petto.
Sei la delirante gioventù dell’ape,
l’ebbrezza dell’onda, la forza della spiga.
Solo a te darò il mio vestito di baci.

Sono andando segnando con croci di fuoco
l’atlante bianco del tuo corpo:
la mia bocca era un ragno sul tuo seno di rugiada:
voglio fare con te ciò che la primavera
fa con i ciliegi :
voglio fare con te
ciò che l’estate fa con la spiga.
Solo a te darò il mio vestito di baci.
Sono andato segnando con croci di fuoco
L’atlante bianco del tuo corpo.
Ma la mia bocca era un ragno
sul tuo corpo di rugiada.

Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi,
voglio fare con te ciò che il sole fa con la spiga.

Mi piaci quando taci perché sei come assente
e da lontano mi ascolti e la mia voce non ti tocca.
Lascia che ti parli pure con il tuo silenzio,
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte,silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio è di stella,così lontano e semplice.
E son felice, felice che sia così.
Ah! Donna, non so come hai potuto contenermi
nella terra della tue anima,
nella croce delle tue braccia.

Dal sole cade un grappolo
sul tuo vestito scuro:
il grappolo d’uva che non spegne la sete,
la sete che mai si confessa.
Voglio bere con te sino a notte
per segnarmi la strada nel tuo arco di speranza,
lanciare muto e in delirio il mio stormo di baci.

Voglio fare con te
ciò che il sole fa con la spiga,
voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.

Come amica, come amica,
come amata, come amata:
solo a te darò il mio vestito di baci.

Ora torno a gioire di nuovo
Ma tu, forse, ridi di me.
Mi basta il tuo volto e i tuoi sogni
Per rubare ancora la vita.
La tua voce - sirena di canti-
per gridare,cantare, gioire.
Berrò alla tua conchiglia di miele
Per sapere cos’è questo segreto di morte.
Per sapere cos’è questa gioia di vivere.
    Dammi la mano,
    soltanto la mano,
    saremo compagni:
    colomba d’amore
    conchiglia di sogni.

Francesco Doni

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