(tav. 1 - L' equazione del tempo.Foro Carolino in piazza Dante, Napoli) Il tempo è una strana cosa, affermazione calzante, ma imprecisa perché il tempo non è una cosa bensì solo ciò che accade. Quanti scienziati, filosofi, studiosi si sono accaniti nell'analisi di quelle cinque lettere che ne formano la parola!
Il tempo è elastico vola nei momenti di gioia ed è lento nel dolore(fig. 1).
Il tempo è il nostro compagno quotidiano e lo invochiamo numerose volte al giorno. Esiste un tempo per tutti e un tempo per ciascuno di noi. C'è il tempo dei giovani, quello dei vecchi.
Aristotele(fig. 2) pare che sia stato il primo a porsi il problema. Il tempo risponde al nostro quando, quindi è una misura del cambiamento umano.
Diversamente da lui Newton (fig. 3) si pone la domanda: "Esiste il tempo al di fuori della nostra visione limitata ?"
(tav. 2 - Aristotele) Così come per lo spazio, che risponde al dove? Newton aveva intuito che al di là di ciò che appare all'uomo c'è dell'altro.
Infine arriva il più grande di tutti Einstein(fig. 4) che con la Relatività concilia le due teorie. É lunga la descrizione dell'intero iter scientifico che, partendo dal sano dubbio, attraversa quel genere di pensiero attivo e produttivo, per arrivare infine ad una visione più soddisfacente per gli studiosi: lo spaziotempo, la quarta dimensione, che in un modo per noi incomprensibile le relaziona tutte.
Il tempo non è altro che una curvatura dello spazio.
Carlo Rovelli nel suo libro: "L'ordine del tempo" (fig. 5) dice che la struttura temporale del mondo è più complessa del nostro passato, presente e futuro. Dobbiamo immaginarlo come una sovrapposizione di tele, di strati, non fissi, non uniformi, non assoluti; uno di questi, per esempio, è il campo gravitazionale che si flette di continuo.
Il mondo è una rete di eventi che si influenzano l'un l'altro.
tav. 3 - Newton
"L'indeterminazione quantistica descrive un mondo discontinuo con una struttura granulare della materia come i puntini di un quadro di Seurat" dice Rovelli .
tav. 4 - Albert Einstein
Noi non vediamo né nel più piccolo, né possiamo vedere il più lontano. Nella nostra visione del mondo esiste una sfocatura. Boltzmann è colui che ha visto dove l'occhio umano non arriva.
Mi sia concesso un piccolo inciso che ha a che fare con due o tre argomenti di cui parla l'autore nel suo libro, interessante, tra l'altro, per il riferimento al Mahabharata, che in piccola parte lessi tempo fa prima del mio viaggio in India.
tav. 5 - Copertina
I libri ci chiamano; guardiamo la copertina, leggiamo il titolo e subito avvertiamo una risonanza, c'è dentro qualcosa di noi, un riconoscimento e un desiderio di approfondimento.
tav. 6 - Castello Duino
Boltzmann muore a Duino, impiccandosi, mentre la moglie e la figlia nuotano tranquille nell'Adriatico. Solo qualche anno dopo Rilke nello stesso luogo compone le famose Elegie duinesi, di cui la prima inizia citando l'eterna corrente che tutto trascina. L'anno scorso di questi tempi io ero lì in vacanza con i miei amici francesi e visitai quel Castello arroccato su un precipizio di fronte al mare immenso di Trieste (fig. 6). In quel giardino con aiuole dai fiori coloratissimi si svolse la lettura di un paio di quelle "melodie", la cui musa ispiratrice fu una certa principessa della celebre famiglia di antico lignaggio dei Tour e Taxis, che ospitò il poeta (fig. 7).
tav. 7 - Sentiero di Rilke
Un altro richiamo al mio passato, anche questo ricordo avviene nel tempo, è stata l'entropia. Ancora mi vedo nella Certosa di Capri allora sede del liceo classico, mentre con tenacia ed entusiasmo cercavo di spiegare ai miei alunni del terzo anno quel concetto di disordine molecolare continuo, irreversibile, eppure necessario alla vita.
E poi nel libro c'è quel clima di incertezza onnipresente. Ci rivolgiamo alla scienza per avere certezze e scopriamo che " noi possiamo capire il mondo solo nel suo divenire, non nel suo essere".
Un altro mistero della vita è la nostra mente. Come funziona il nostro cervello?
tav. 8 - il tempo - salvador dalì
In quella zona dell'Ippocampo sede della memoria, si depositano quelle che nel tempo diventano semplici tracce del nostro passato, perché le sinapsi tra i neuroni si formano di continuo e si cancellano in modo tale che le immagini obnubilate dalla polvere del tempo, come vecchi libri in un archivio, restituiscono piccole parti che senza senso ricompaiono a volte nel sogno (fig.8).
Nella prima decade del Novecento dalla sua cattedra al Collège de France Bergson infiammava il cuore e la mente dei suoi discepoli, tra cui Marcel Proust, dissertando sulla nuova idea del tempo.
(tav. 9 - Marcel Proust) Non esiste solo il tempo matematico, fisico, intendeva quello quantitativo, che conta i numeri, ce n'è uno qualitativo che concerne la durata. Esso alberga proprio nella zona sopra menzionata. Qui si forma il flusso di coscienza che affonda le sue radici nei territori più oscuri dell'inconscio, una struttura molto complicata, zona tabù dell'essere umano, sondata per la prima volta da Freud.
Cosa fa Proust (fig.9), quando intuisce di essere pronto per iniziare la sua impresa letteraria, costituita da innumerevoli parole in ben sette volumi:"A la recherche du temps perdu"? Decide di ricoprire di sughero le pareti del suo pensatoio per immergersi completamente nel passato, cioè in quella piccola parte del suo cervello che darà vita alle centinaia di migliaia di rappresentazioni sensoriali di tutta l'opera. Tutto parte dal profumo di Combray e dal sapore della Madeleine, sensazioni talmente forti da generare il flusso di coscienza, che scorre lentamente, come il dipanarsi di una matassa.
Per Proust ci sono due tempi.Il tempo perduto è quello che se ne è andato, non c'è più e non tornerà più, ma per Marcel il tempo perduto è anche quello che, visto da lontano, è stato sprecato, buttato al vento. Il tempo ritrovato invece è quello del Narratore, che alla fine si rende conto di essere "artista" e dà inizio alla stesura dell'interminabile romanzo. Una fatica durata un periodo lungo, dieci anni, tutti concentrati sul suo obiettivo.Qui egli condensa il suo pensiero, la cui citazione è notevole: "La vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita, dunque, pienamente vissuta, è la letteratura. Vita che, in un certo senso, abita in ogni istante in tutti gli uomini non meno che nell'artista. Ma essi non la vedono, perchè non cercano d'illuminarla".
Per concludere con la pittura, volgiamo uno sguardo all'ultima opera di Gauguin, che non è un semplice quadro, perché racchiude una riflessione filosofica, realizzata prima di morire nella Polinesia francese: " Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?" (fig.10).
Con la speranza che possa vivere fuori dal tempo!
Elvira Brunetti