Mi chiamo Elvira. Il 27 gennaio è il mio onomastico. Da diversi anni il giorno della mia festa coincide con il giorno della Memoria(fig. 1). Ho sempre preso le distanze, avvertendo un certo turbamento da tale associazione. Non posso più nascondermi. Ora devo ricordare. Accettare e riconoscere l'orrore di cui si è macchiato l'intero genere umano, poiché degli uomini lo hanno compiuto.
"Se questo è un uomo" di Primo Levi ce lo ricorda semplicemente dal titolo.
E' vero che il passaggio fu graduale e che la follia di Hitler iniziò con la propaganda, facendo leva sulla guerra persa e le condizioni indigenti della popolazione, quasi bisognosa di un capro espiatorio. Dalle leggi di Norimberga del 1935 ai ghetti fino alla soluzione finale e ai campi di sterminio.
Resta il mistero. Il perché della Shoah nonostante i vari tentativi di spiegazioni più o meno accettabili. Si legge: "Chi non conosce la storia, è destinato a ripeterla". "Ogni giorno è il giorno della memoria". "Ricordare per non rivivere".
Forse potremmo capire qualcosa in più, cercando le ragioni dell'antisemitismo, in altre parole l'avversità per gli Ebrei.
Per Abraham Yehoshua (fig. 2) la particolarità del suo popolo nasce dalla coincidenza di religione e identità nazionale. Naturalmente la tensione che ne deriva ha creato nella vita degli erranti non poche difficoltà a vivere con altri popoli.
Mi vien da pensare ai dipinti di Chagall. Il pittore poeta, che volava sopra il mondo con Bella e gli animali domestici di Vibstek. Più di tanti altri ha incarnato il mito dell'ebreo errante (fig. 3). Sempre in fuga dai pogrom della rivoluzione russa, dalla Shoah verso gli Stati Uniti. Troverà infine pace solo in Francia.
Ai tempi antichi la connivenza tra fede e popolo eletto di Dio li ha salvati dalla dispersione durante le varie persecuzioni. E allo stesso tempo aveva creato un meccanismo di simbiosi forte all'interno del gruppo di aiuto e collaborazione reciproca. Una chiusura degenerante in una forma di razzismo nei confronti dei non Ebrei. D'altra parte i Cristiani li hanno sempre accusati di deicidio per aver mandato a morte Gesù.
Tanto per entrare nel vivo delle conseguenze del loro comportamento sui rapporti con gli altri, già nel ghetto veneziano(fig. 4) del Cinquecento e ne parla il sommo Shakespeare, gli Ebrei praticavano l'usura, facendo di sé stessi dei parassiti che vivevano alle spalle degli altri.
Tuttavia l'antisemitismo moderno nasce con l'Affaire Dreyfus. Responsabile Emile Zola, con il suo celebre "J'accuse"(fig. 5), di aver spaccato l'opinione pubblica francese in dreyfusardi e antidreyfusardi. Lo scrittore, amico e sostenitore degli Impressionisti (fig. 6), difese il capitano Dreyfus condannato ingiustamente solo perché era ebreo.
In tal modo Zola, nel 1902, inaugura il Novecento con un atto audace d'impegno letterario politico, interpretato da molti studiosi come il primo intellettuale dei nostri tempi.
Louis Ferdinand Céline (1894-1961) è una figura un po’ controversa dalla critica internazionale e da certa opinione pubblica, non solo per la questione della lingua usata nei suoi libri, ma principalmente per l'odio contro gli Ebrei.
Nasce l’anno dell’Affaire Dreyfus, inizio della sua ossessione. Autore (fig. 7) di tre testi peccaminosi usciti dopo il suo capolavoro"Viaggio al termine della notte"del 1932, così si esprime in quello più virale:"Solo gli Ebrei possono in ogni ora, in ogni istante, penetrare, filtrare, installarsi in tutti gli Stati del mondo...ovunque godono degli stessi privilegi". Qualcuno ha detto che "Bagatelle per un massacro"viene considerato la rotaia dell'Olocausto. Céline disprezzava la lingua colta giudaica di Proust. Preferiva quella popolare, forse più in sintonia con quella delle borgate di Pasolini. Possedeva una sensibilità spiccata per la sofferenza e la miseria umana. Un vissuto travagliato il suo, da volontario nella guerra di trincea, ai soprusi coloniali, saggiati da vicino nel Camerun francese, fino al carcere in Danimarca. Ma sempre il medico degli indigenti. Così diventa preda della paura, una paura allucinante, che si esprime in un linguaggio dalla forza innovativa. A volte sono voli pindarici di grande poesia, accanto ad affermazioni gravose e pesantemente responsabili: "L'ebreo tiene in mano le leve di comando, aziona tutte le macchine...possiede tutti i fili, tutte le correnti e domani tutti i Robots..."
Ma oggi il legame di cui parla lo scrittore israeliano, quello tra stato e fede, li ostacola, perché non si tratta più solo di identità di popolo, ma di stato reale: Israele. La questione palestinese già vecchia di tanti anni continua a insanguinare i territori. Essa è l'ossimoro delle controversie internazionali.
Se Yehoshua continua a dire che troppa memoria può fare male. Troppi ricordi impediscono di andare avanti nel processo di pace. Nathan Englander osserva che bisogna conservare il ricordo e allo stesso tempo liberarsene. Purtroppo ci sono Ebrei per i quali il ricordo è un tabù. Vivono la paura di un secondo Olocausto. così come ci sono Palestinesi che pensano solo al dolore della espropriazione delle loro terre. Forse gioverebbe di più capovolgere il vittimismo sia degli uni che degli altri, accantonare finalmente le sofferenze reciproche e avanzare responsabili e dignitosi verso nuove trattative.
Difficili queste ultime per la globalizzazione e le ingerenze di altri Paesi.
Quando si visita Tel Aviv, per fortuna, si ha l'impressione di una città viva, calda, balneare che attira turisti. Hanno fatto lavori colossali in tutta Israele, se pensiamo che prima c'era il deserto. Il litorale ha una sabbia pulitissima e il mare lo è altrettanto per scarichi inesistenti (fig. 8). Sono all'avanguardia in tanti campi, soprattutto nella Ricerca e Innovazione per la presenza di tante Start Up. Eppure quasi ogni mattina drappelli di soldati fanno esercitazioni militari lungo le coste. Uno scudo protegge la città dai missili per gli attacchi frequenti e molte dimore hanno i rifugi antiatomici.
Elvira Brunetti