Il caro amico avv. Amerigo Minnicelli mi ha segnalato l'uscita di un interessante libro di Giuseppe PIERINO per i tipi dell'editore Rubbettino, su una delle figure più fulgide della politica calabrese del dopoguerra: Fausto GULLO. Parlando con lui di quel personaggio, che ormai pochi ricordano, sono tornati alla mente episodi che penso siano utili per inquadrarne la figura aldilà delle sue prerogative di uomo politico e di grande cultura.
Ecco il ricordo di Amerigo: "Don Faustino” – come lo chiamavano a Cosenza dove non c’è nome maschile che non si declini al diminutivo/vezzeggiativo senza eccezione per laici o chierici, per uomini grandi, medi o piccoli che siano - ho avuto il piacere di conoscerlo e ascoltarlo direttamente in più occasioni. Una delle quali fu una campagna elettorale per le politiche del 1968 o del 72, in uno dei suoi ultimi comizi (forse l’ultimo) tenuto a Rossano nella celebre piazza Steri. Io non sono stato mai comunista ma da giovane riformista “psiuppino”, frequentavo, talvolta, la storica Sezione del PCI che si affacciava sulla detta Piazza, dove si riunivano tutti gli attivisti e i dirigenti prima di fare “corteo” all’ospite che avrebbe parlato da quel prestigiosissimo palco, specie nell’occasione in cui si celebrava il grande Fausto Gullo. Avvocato di gran classe, fu antifascista in epoca fascista, come lo fu la mia famiglia. Fu quindi intimo amico di mio nonno Maurizio (di poco più grande d’età) il quale mandava il nipote (cioé io) giovanetto ad omaggiarlo e salutarlo come si conviene. Egli mi accolse con un abbraccio caloroso e mi disse che aveva desiderio, dopo il comizio, di venire a salutare “il suo amico don Maurizio”, all’epoca anche, Presidente di un Consiglio dell’Ordine Avvocati composto ancora da professionisti e uomini di rango, in nulla secondi nell’intera Regione. Allora i maggiorenti di quel Partito con a capo l’indimenticato Marco De Simone (già Senatore), si offrirono di accompagnarlo. Quindi all'esito del “travolgente” comizio pronunciato dal palco di Piazza Steri, don Fausto Gullo e il seguito vennero al nostro Studio e furono calorosamente accolti dal nonno e da mio padre Corrado. Fu un evento memorabile che ricordo ancora con piacere.
Leggerò questa biografia di Gullo fatta dall’On. Pierino, sperando di trovarci narrazioni anche di questo territorio Jonico dove vi furono tanti episodi di battaglie contadine e non solo e ai quali si guardava, da parte della politica d’allora, con tanto rispetto, amicizia e persino complicità".
Al bel ricordo di Amerigo Minnicelli non posso aggiungerne alcuno da parte mia, non avendo avuto la fortuna di conoscere personalmente Gullo, ma conservo il ricordo di un episodio che mi raccontava mio padre. - all'epoca dei fatti appuntato dei Carabinieri in servizio presso la stazione di Aprigliano prima e di Rogliano poi - Egli lo incontrava spesso sulla littorina che da Cosenza portava a Catanzaro e viceversa. Un giorno, intorno al '45, stava effettuando la traduzione da Rogliano a Cosenza di un noto e pericoloso delinquente insieme ad un altro carabiniere, vi erano solo 2 posti liberi, e rimasero tutti e tre in piedi, Gullo che stava seduto di fronte alla panchetta non occupata, comprese la difficoltà dei due militi, si alzò dal suo posto e lo offrì ai tre che potettero sedersi. All'arrivo a Cosenza, come da prassi scesero per ultimi e don Faustino era lì ad aspettarli. Si salutarono e li invitò per un caffè a traduzione ultimata. Si incontrarono molte altre volte su quel treno e fu sempre gentile e disponibile.
Credo che sia interessante leggere la prefazione di Aldo Tortorella che vi propongo di seguito.
Fausto Gullo appare oggi una figura pressoché sconosciuta. Ignoto ai giovani e obliato dalle generazioni più adulte è la dolente metafora di una Calabria colta, garbata, ma velata anch’essa dal pregiudizio e negletta. Eppure nella catastrofe della guerra è stato tra i costruttori dello Stato Nuovo e della rinascita nazionale. Il suo ritratto inghirlandava le povere case contadine tra le fotografie dei parenti e immaginette sacre ed amato come nessuno, ha in quel tempo goduto d’una immensa popolarità. Ma la memoria s’appanna, svanisce e, al disinganno, sovvengono i celebri versi: “Ahi! sugli estinti / non sorge fiore ove non sia d’umane / lodi onorato e d’amoroso pianto”. Ed ancorché ammirato nel clima della guerra fredda non fu più riconosciuto in tutto il suo valore. Scrisse di lui Ferruccio Parri: “Leggevo con interesse studi e articoli suoi recenti, deplorando che la sua intatta capacità di intelligenza e perspicacia non trovasse fruttuose applicazioni. Nella memoria delle mie amicizie conservo per Fausto Gullo l’omaggio più affettuoso”. E aspetti della sua personalità e del suo agire politico caddero in ombra, soverchiati dalla sua opera incisiva di ministro dei contadini, presto dissolta nella convulsa trasformazione del Paese. Il muro di Berlino sommerse poi ogni cosa ed oscurò anche chi, come lui, non c’era più ma, forse, in tempo aveva intravisto l’errore. La sua formazione intellettuale e politica; la sua sensibilità sociale, meridionalistica e democratica non avrebbero tuttavia lasciato una traccia tanto significativa se, nella disfatta, non avesse incontrato Togliatti e, dileguata la diffidenza per l’antico sodalizio con Bordiga, non avesse svolto assieme a lui il ruolo “risolutivo” che, con la svolta di Salerno, lo proiettò in una dimensione d’eccezionale rilievo. Una storia mai raccontata, dispersa infine nell’emarginazione che, morto Togliatti, l’apparato gli inflisse senza che lui, signore della parola, replicasse all’accusa grottesca d’essere un notabile che tarpava le ali al partito. In verità lo scotto per la sua libertà di giudizio e l’irriducibile dissenso su questione cattolica e rapporto con la DC, non estranei alla fine del PCI.
A.M.Cavallaro
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