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Il poeta cirotano Luigi Siciliani ricordato da Franco Liguori

siciliani_ritratto (2).jpgRICORDO DEL POETA CIROTANO LUIGI SICILIANI, AMICO DI PASCOLI E D’ANNUNZIO, NEL 140° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA (1881-2021)

di Franco LIGUORI, storico e saggista *

La vita e l’attività letteraria

Così scriveva di Luigi Siciliani, in un articolo del 1906, il critico Sante Bargellini: “Luigi Siciliani è un calabrese che ha l’anima di un poeta-filosofo della sua patria,la Magna Grecia. Felicissimo spesso, il Siciliani è felice sempre allorchè trae materia del suo canto dalla propria regione. I suoi versi sono bei versi sonori e pieni come belle anfore antiche” Di famiglia alto-borghese, nacque a Cirò il 15 febbraio 1881, da Mario, ricco possidente e produttore di vini, e da Antonietta Catanzaro. Dopo aver frequentato le scuole elementari nel paese natale, fu mandato dalla famiglia a frequentare gli studi ginnasiali al Liceo-Ginnasio “Pasquale Galluppi” di Arida Nutrix.jpgCatanzaro. Nel 1897 andò a proseguire la sua formazione presso il Collegio “Nazareno” di Roma, diretto dai Padri Scolopi e frequentato dai rampolli dell’aristocrazia e dell’alta borghesia meridionale. Qui strinse amicizia con Luigi Pietrobono, noto letterato e dantista, rettore e docente del prestigioso istituto, estimatore ed amico di Giovanni Pascoli. Sarà proprio il Pietrobono a trasmettere al Nostro l’ammirazione e la venerazione per il poeta di “Myricae” e ad agevolare l’instaurarsi di un solido ed affettuoso rapporto di amicizia fra Pascoli e Siciliani, documentato da una ricca corrispondenza epistolare, di cui resta traccia nell’archivio della famiglia Siciliani, a Cirò. Completati gli studi liceali, rimase a Roma per frequentare l’Università e coltivare le sue ambizioni letterarie. A Roma, conseguì due lauree: la prima in giurisprudenza nel 1903, e la seconda, in lettere, nel 1904, anche se – come scrive lo stesso Siciliani – le due lauree rimasero soltanto dei titoli accademici, in quanto egli non difese mai una causa né fece mai un’ora di lezione. La sua passione erano gli studi classici, la letteratura, la poesia. Presso l’editore Walter Modes di Roma, nel 1904, pubblicò le Rime della lontananza e, nel 1905, il poemetto Capo Cremisseo.

La famiglia del poeta.jpg(foto: Il poeta Siciliani con la moglie e il figlioletto Ferdinando) Nel 1907 Siciliani sposò Ermelinda D’Angelo, scrittrice e bibliotecaria della Nazionale di Roma, dalla quale ebbe un figlio: Ferdinando, nato nel 1908. Si trasferì, quindi, a Milano, ove intensificò la sua attività letteraria, entrando a contatto con i maggiori scrittori, poeti e critici del tempo, con molti dei quali instaurò solidi rapporti di amicizia e di scambi culturali, da D’Annunzio a Marinetti, da Gozzano a Marino Moretti, da Ada Negri a Sibilla Aleramo, da Emilio Cecchi a Giuseppe Antonio Borgese, da Francesco Pastonchi a Margherita Sarfatti.

A Milano Siciliani trovò il suo editore in un calabrese trapiantato nella città lombarda, Riccardo Quintieri, che divenne suo amico e pubblicò tutti i suoi scritti in versi e in prosa, ristampando anche le prime raccolte poetiche, edite inizialmente a Roma: Sogni Pagani (Roma 1906, Milano 1912), Rime della lontananza (1912), Arida Nutrix (1912), Poesie per ridere (1909), L’amore oltre la morte (1912), Per consolare l’anima mia (1920), L’altare del Fauno (1923). Tra gli scritti in prosa editi da Quintieri, si ricordano : il romanzo Giovanni Francica (1910), Studi e sG.FRANCICA.jpgaggi (1913), Lettera di una monaca portoghese (1909), I volti del nemico (1918) le traduzioni de “I baci” di Giovanni Secondo (1912) e degli “Erotici dell’Antologia Palatina “ (1921).Tra il 1909 e il 1912 Siciliani collaborò alla rivista fiorentina “Cronache letterarie”, fondata nel 1909 dal giornalista e poeta calabrese Vincenzo Morello, noto con lo pseudonimo di Rastignac, che raccoglieva il meglio della letteratura nuova che si andava affermando in quel periodo, e sulla quale scrivevano nomi importanti come Giuseppe Prezzolini, Emilio Cecchi, Diego Valeri, Giuseppe Toffanin ed altri.

L’attività politica

 Oltre a continuare la sua attività letteraria, a Milano, dove si era trasferito dal 1908,iniziò ad occuparsi di politica, fondando, nel 1911, insieme a Gualtiero Castellini, l’Associazione Nazionalista, alla quale affiancò il settimanale interventista “Il tricolore”, diretto da lui stesso e da Carlo Peverelli. Tra il febbraio e il maggio del 1915, oltre a condurre una battaglia a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, espresse con articoli di acre polemica, il suo spirito antitedesco e la sua decisa avversione contro i “tedescofili”, contro quegli intellettuali italiani, cioè, che simpatizzavano per le scuole filosofiche e filologiche “teutoniche”, difendendo animatamente la cultura e il “latin sangue gentile degli Italiani”.

Siciliani,Mussolini,Sarfatti.jpg(Il poeta Siciliani seduto tra Mussolini e Margherita Sarfatti) Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, il Siciliani partecipò al conflitto mondiale come volontario, raggiungendo il grado di capitano di fanteria e meritandosi una croce di guerra; in seguito fu addetto alla Propaganda nazionale presso il Comando Supremo. Presentatosi alle elezioni politiche del 1919 in una lista di ex-combattenti, nel Collegio di Catanzaro, fu eletto deputato al Parlamento ed entrò a far parte del Gruppo dei Nazionalisti, guidato da Luigi Federzoni. Come parlamentare nazionalista fu tra i più tenaci assertori dell’italianità di Fiume e della Dalmazia e non votò il trattato di Rapallo (1920). Nel 1921 fu rieletto deputato al Parlamento , con i nazionalisti. Tra il 1922 e il 1923 fu Sottosegretario alle Belle Arti, prima col governo Facta e poi col governo Mussolini. Nel 1924 venne eletto ancora una volta deputato nel listone nazionale fascista. Nella sua veste di sottosegretario alle Belle Arti, nel gennaio del 1923 inaugurò a Roma una Mostra degli Oggetti d’arte restituiti all’Italia dall’Austria-Ungheria, e tenne nell’occasione un appassionato discorso in difesa dell’arte italiana, alla presenza del re Vittorio Emanuele III; nell’aprile dello stesso anno inaugurò a Torino la “Quadriennale”. Nel marzo del ’23 fu a Parigi come rappresentante del Governo italiano per partecipare alle Celebrazioni virgiliane. Tenne, in quell’occasione, alla Sorbona un memorabile discorso pronunciato in lingua francese. Nel periodo del suo sottosegretariato alle Belle Arti (dal 16 agosto del ’22 al 29 aprile del ’23) Siciliani riservò attenzione e interessamento alla sua Calabria. Su sua espressa richiesta Paolo Orsi, andò a scavare nel territorio di Cirò Marina ed ebbe modo di scoprire, a Punta Alice ( Capo Crimisa), i resti del tempio greco di Apollo Alèo. Nel 1924 Siciliani si ammalò di nefrite e il 24 maggio 1925 si spense a Roma, nella sua casa di Via Jacopo Ruffini, dopo lunga malattia. La sua salma fu tumulata nel cimitero di Cirò, nella cappella di famiglia, dopo solenni onoranze pubbliche alle quali partecipò l’intero paese e intervennero numerose autorità. Il giorno successivo, 25 maggio 1925, Siciliani fu commemorato alla Camera dall’on. Maurizio Maraviglia, esponente di spicco del Movimento Nazionalista Italiano, calabrese di Paola, amico e compagno di fede del Nostro. Il Siciliani dette alla poesia italiana, nel primo ventennio del Novecento, ben otto volumi di liriche; fu anche discreto romanziere, critico, filologo e squisito traduttore dalle letterature classiche, dall’inglese, dal portoghese. Di lui si è sempre parlato come di un poeta “profondamente classico”, “pagano”, ma nel suo itinerario lirico non mancano momenti di poesia personale, vicina alla sensibilità moderna del decadentismo. Il suo unico romanzo, “Giovanni Francica” (1910), fu definito da un critico del tempo (A. Frateili) “uno dei più bei racconti scritti dopo Verga”. Si tratta, in ogni caso,, di un’opera narrativa di ampio respiro sulla Calabria del primo Novecento, che offre un vivace panorama del contesto sociale e culturale calabrese di quell’epoca; nel protagonista, un intellettuale di provincia, rampollo di una ricca famiglia di proprietari terrieri di Cona (=Cirò), si cela lo stesso Siciliani. Tra le sue opere di traduzione meritano di essere ricordati i “Canti perfetti”, pubblicati da Mondadori nel 1925 col titolo di Poeti inglesi moderni, che Margherita Sarfatti ebbe a definirli “un perfetto saggio di traduzione dall’inglese nella lingua italiana” e Arnaldo Frateli “uno dei libri più belli del Siciliani”.

Chiudiamo questo nostro “ricordo” del poeta cirotano, riportando alcuni suoi versi del poemetto Capo Crimisa (1905), in cui il poeta, nostalgico dell’antica grandezza della Magna Grecia, mette a confronto quel passato glorioso della Calabria con la miseria del presente:

Cupo squallore, miseria profonda ci aduggia da allora !

Noi che chiamati fummo greci, ma greci più grandi,

noi, ora siamo negletti in solitario abbandono.

Parole profetiche, a nostro avviso, e attuali ancora oggi, purtroppo, dopo più di cento anni, per la nostra Calabria, sempre più “negletta”(e “in solitario abbandono”) da una classe politica nazionale e regionale, che continua a prenderla in giro con roboanti promesse di rinascita, sistematicamente non mantenute. Eppure in Calabria – come dice il poeta di Cirò - “Ricca d’armenti è la terra, ferace di grani, di viti/ e di cinerei ulivi fuggenti dai monti sul piano./ Fischiano al vento le forre donde zampillan le fonti./ Agita il faggio, il pino, l’abete, il castano le fronde:/ s’alzano i tronchi grandi di centenaria potenza./ Forti son gli uomini, acuti di mente e tenaci; / ma per le montagne li preme la necessità della vita,/ ed i loro occhi non sanno la grande bellezza passata.

Per saperne di più

libro di F.Liguori.jpgFranco Liguori, Luigi Siciliani un poeta e scrittore calabrese tra classicità e decadentismo, Ed. Archivio Siciliani, Tecnostampa, Corigliano Calabro, 2011 (pagine 247).

Vittorio Cappelli, Luigi Siciliani, un protagonista dimenticato del primo Novecento. Una monografia di Franco Liguori, in “Rivista calabrese di Storia del Novecento””, anno 2013, n.2, pp.253/54

*Franco Liguori, storico e saggista, membro della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, ha riservato particolare attenzione di ricerca e di studio alla figura e all’opera del poeta cirotano, pubblicando nel 2011 (ricorrenza del 130° anniversario della nascita) una ricca e approfondita monografia di 247 pagine, dal titolo “Luigi Siciliani, un poeta e scrittore calabrese tra classicità e decadentismo”, edita dall’Archivio Siciliani e stampata dalla Tipografia Tecnostampa di Corigliano Calabro. Il libro, nel 2012, si è classificato al 1° posto della Sezione “Saggistica” del Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata, ed ha avuto numerose ed autorevoli recensioni lusinghiere, tra le quali citiamo quella pubblicata sulla rivista on-line Oblio (=Osservatorio bibliografico della letteratura italiana otto-novecentesca ), il cui autore (A.Amoroso) così scrive: “Il merito più grande del volume è quello di aver tolto dalla naftalina un autore importante all’interno del panorama letterario di inizio ‘900 e di aver restituito ai lettori e ai critici che in futuro vorranno occuparsi di lui tutta la modernità di un personaggio a torto dimenticato e del quale sarà giusto riscoprirne la complessità per restituirgli la dovuta collocazione storica”.

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