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Anime nere (romanzo e film)

anime nere.jpgGioacchino Criaco è nato ad Africo, un piccolo paese sulla costa ionica reggina, il 3 marzo 1965 ed è l’autore di un romanzo che è diventato un best-seller internazionale “Anime Nere”.  Criaco continua la tradizione letteraria aspromontana che da Corrado Alvaro, Saverio Strati e Mimmo Gangemi  conduce fino a lui, anche attraverso  molti scrittori e poeti considerati “minori”, ma che certo hanno fatto da substrato culturale alla sua inventiva letteraria. La sua opera prima “Anime Nere” ha avuto uno strepitoso successo di vendite, non solo in Italia, ma anche in Francia dove è stato tradotto quasi subito dopo la sua uscita avvenuta nel 2008 per le edizioni Rubbettino.

Recentemente dal romanzo è stato tratto, dal regista Francesco Munzi, il film con lo stesso titolo, ed anch’esso ha avuto già molti riconoscimenti. Dopo aver letto il romanzo, ho avuto l’occasione di vedere anche il film, devo dire che la trasposizione cinematografica non ha nulla a che vedere con la potenza descrittiva del romanzo, il film, insomma, non rispecchia, se non in modo marginale, l’escalation brutale, che porta i protagonisti dai boschi dell’Aspromonte alle modernissime città del Nord: Milano, Amsterdam, Parigi ecc., dove continuano le loro attività criminali con la stessa “tranquillità” con la quale nascondevano il “porco” (in gergo il “rapito” per il quale chiedere un lauto riscatto) nei boschi dell’Aspromonte.

Nel romanzo non mancano i riferimenti di ordine storico e ambientale, descritti con notevole capacità introspettiva; verso la fine della narrazione, infatti, l’autore fa pronunciare a Luciano, uno dei protagonisti, un monologo breve, nel quale sono descritti i percorsi dolorosi delle popolazioni aspromontane dalla proto-storia ai giorni nostri che mi piace di seguito proporvi:

“Quando stavamo fra di noi eravamo persone tranquille, tutti avevano un ruolo, si rispettavano regole condivise, ci si aiutava a vicenda. Ognuno aveva il proprio territorio, del quale era padrone assoluto, decideva dove pascolare, piazzare l’ovile, dove coltivare, tagliare alberi, bruciare, fare quello che voleva. Chi invadeva il territorio altrui sapeva a cosa andava incontro e ne accettava le conseguenze- Chi sbagliava pagava, e trovava un giudice implacabile, prima di tutto nella propria famiglia. Un tempo avevamo poche e certe regole, stampate nel nostro codice genetico. Padroni di un mondo nostro, gli Dei e Dio ce lo avevano donato indicando a Kyria la via per condurci ad esso. Noi volevamo stare in pace a custodire le nostre mandrie. Arrivarono i Greci a distruggere il paradiso e decidemmo di vivere in un inferno per non attirare più belve fameliche. Solo l’esercito di Dio venne in pace con le facce di solitari e pii monaci basiliani. Venne a cercarci il Borbone per imporci dazi e regole e inventarsi l’esercito dei “pungiuti” per piegarci dal nostro interno. Gli succedettero i civili Savoia. Che mantennero l’armata dei pungiuti, e introdussero nuovi dazi e nuove regole. Arrivarono le camicie Nere ad annetterci all’impero al quale l’Italia aveva diritto, e assaggiammo nerbate e olio di ricino. Venne la Repubblica e ci spedì per il mondo a spaccarci la schiena per un tozzo di pane. Avevano bisogno di braccia per il loro progresso e spopolarono i nostri monti, con la forza o allettandoci col denaro e il miraggio di una vita migliore. Noi eravamo persone normali solo fra i nostri boschi, fuori da lì diventavamo belve in cattività, un animale selvatico impazzito, cosa si aspettavano, di addomesticarlo? Ci hanno cercati, non siamo andati noi a chiamarli. Noi stavamo bene con il pane nero, la nostra fame, le nostre malattie, la nostra arretratezza, non volevamo aiuti. Sono venuti nei nostri pascoli ad attaccare cartelli, divieto di transito, divieto di caccia, divieto di pesca, divieto di pascolo, trasformando la nostra libertà in divieto. Perché un popolo millenario non avrebbe potuto scegliersi il proprio futuro e vivere come avesse creduto sulla propria terra? Noi, non la volevamo la loro integrazione, il loro progresso, la loro lingua, i loro soldi. Loro hanno aperto le porte al demone”.

L’Africo di oggi è un paesino che fu interamente ricostruito nel 1951, in riva al mare Ionio, nel territorio del comune di Bianco (Paese d’origine di mio padre), dopo che il centro abitato originario, sull’Aspromonte, era andato semi-distrutto dai tanti terremoti ed infine abbandonato dopo una spaventosa alluvione nel 1950. Fu oggetto di studi sociologici da parte di Umberto Zanotti-Bianco e di altri eminenti studiosi. Per saperne di più cliccare qui.

Antonio M. Cavallaro

 Il romanzo Anime Nere è acquistabile presso la sede della Sybaris Tour a Sibari (0981/74520) o direttamente sul web nel sito della Casa Editrice Rubbettino

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