Odiare quelli che dicono la verità? "Quanto più una società si allontana dalla verità, tanto più odierà quelli che la dicono".
La fattoria degli animali di George Orwell racconta la ribellione di un gruppo di animali stanchi di essere vessati dall’essere umano. Il padre morale della rivolta, il maiale più anziano e saggio, poco prima di morire incita gli altri a insorgere contro la tirannia degli umani: “Tutto il prodotto del nostro lavoro ci viene rubato dall’uomo. […] Si tolga l’uomo dalla scena e sarà tolta per sempre la causa della fame e della fatica”. Diventati padroni della fattoria, due maiali si rivelano essere degli abili strateghi, mentre il terzo, capace di “far vedere bianco per nero”, lavora per influenzare l’opinione degli altri (con ciò intendendo trasmettere, l’autore, una critica alla propaganda dei regimi e al servilismo di alcuni media). Metaforicamente, è il segno di Come le parole, quasi pari a pietre e come proiettili, possano generare rivoluzioni, diffondere odio. Le parole di odio lanciate in Internet dagli Haters, in particolare, puntano ad una persona, un luogo, una cosa, un'idea, un concetto, un film, un libro, un programma televisivo… Ce ne sono alcuni, definiti odiatori scientifici, che attaccano e tormentano volutamente, al fine di mostrare le loro skills (tipicamente senza uno scopo costruttivo).
Maiali simbolici. I maiali di Orwell, poi, fanno ripensare a un brano classico della Quaresima. Nel paese dei Gerasèni, come racconta il vangelo di Marco (Mc 5,1-14), ecco un uomo posseduto, che, oltre a praticare l’autolesionismo, ha la sua dimora fra le tombe. Nessuno riesce a tenerlo legato, neanche con catene. Terribili le sue parole all’indirizzo di Gesù. Termini che riescono davvero a far vedere bianco per nero. Addirittura manifestano gradimento per quella pur terribile sua condizione, pur di non essere tormentati.
L’oggettiva condizione di quell’uomo, che si è assimilato alla città dei morti, è di esser torturato da una Legione di spiriti impuri – siamo in molti -, perciò non vuol esserlo più. A parlare, attraverso le labbra e la voce dell’indemoniato, è infatti una Legione, che domanda ed ottiene di poter entrare nella numerosa mandria di porci (l’evangelo precisa: circa duemila) al pascolo. Qual grande danno economico per i mandriani, la cui reazione – legittima - verso il guaritore è espressa con le parole di richiesta/intimazione di «andarsene dal loro territorio». Ma ormai, in mezzo alle altre parole, la parola vera rimane: l’ex posseduto riceve infatti l’incarico di andare e annunciare la rivoluzione verace.
Parole di liberazione. Certo, nella società dei blog, dei post, e degli influencer, quella in cui si contano i milioni di followers, sembra prevalere il “secondo me”, ovvero l’interpretazione individualistica del mondo, fatta di parole che trovano la causa di ogni male in questo o quell’ideale di turno, in questo o quel parlare. Al punto che, come gli animali simbolici di quella fattoria, si diviene disponibili a dire/fare tutto e il suo contrario.
Quando il chiasso prevale sul silenzio, è difficile ascoltare parole buone, come quelle che Dio rivolge a Geremia. Sono parole intrise di ricordi: «…quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata» (Ger 2,2). Ma è un ricordo dinamico, perché dal deserto bisogna uscire, non facendo come coloro che non hanno praticato il taglio del male dal cuore e «abitano nel deserto, perché… sono incirconcisi nel cuore» (Ger 9,25). È facile dire e fare tutto e il contrario di tutto, se le parole sono a vuoto, ma soprattutto se non si è disposti ad ascoltare certe parole, che, anche chiedendo di non tormentare, lanciano appelli di prossimità. Nel Messaggio del Papa per la Quaresima, ad esempio, leggiamo: «Oltre che nelle Scritture, il Signore ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto. Ma… l’ascolto di Cristo passa anche attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle nella Chiesa, quell’ascolto reciproco che in alcune fasi è l’obiettivo principale, ma che comunque rimane sempre indispensabile nel metodo e nello stile di una Chiesa sinodale». Per ascoltare, ha scritto Paolo Giovannetti in The Lunatic is in my Head, non c’è solo bisogno di orecchie, ma urgono parole che si lascino ascoltare: l’ascolto del diverso, in particolare del popolo; e poi l’ascolto della vita interiore, la restituzione del pensiero intimo. L’ascolto, quello che non tormenta, dice sempre di un bisogno di riflessione e partecipazione, di una condivisione problematica di valori pubblici. Da qui l’invito a meditare soprattutto durante la quaresima la Parola di Dio, interiorizzando un bel pensiero di Emily Dickinson, poetessa americana del XIX secolo: «Non conosco nulla al mondo che abbia potere quanto la parola. A volte ne scrivo una e la guardo, fino a quando comincia a splendere». Con profonda intuizione poetica, che si lascia illuminare da quell’Eterno, verso cui ogni poeta è attratto e di cui spesso inconsapevolmente ne descrive una qualità, svelandone pian piano il mistero, ella scriverà ancora, mirabilmente: «Una parola muore appena detta, dice qualcuno. Io dico che solo quel giorno comincia a vivere».
✠ p. Vincenzo Bertolone SdP
Arcivescovo emerito di Catanzaro Squillace
Fonte: Il Quotidiano del Sud del 26 febb. 2023