Nel mio lavoro di tour-operator, prevalentemente nell’incoming, ho sentito spesso dagli ospiti provenienti da ogni parte d’Italia, delle frasi prive di ogni riscontro logico, reale e soprattutto veritiero, riguardanti la qualità del nostro olio d’oliva definito più pesante, più acido di quello ligure, toscano o veneto. Ricordo che qualche anno fa una professoressa in pensione di Napoli mi diceva che lei si faceva mandare l’olio dalla Liguria perché “più leggero”. Certo ci vuole coraggio se si pensa che nel salernitano si produce un olio meraviglioso. Mi è capitato sott’occhio un articolo del dott. Gino Celletti, uno dei massimi esperti al mondo di olio d’oliva, che scrisse anni fa in risposta ad uno “chef stellato” che in televisione durante un programma trasmesso dalla RAI si permise di dire che “l’olio del Sud e’ piu’ pesante di quello ligure e quindi piu’ acido”.
Di castronerie simili se ne sentono di continuo e sarebbe ora di finirla. In questo periodo di raccolta delle olive e della conseguente lavorazione per trasformarle in olio, si lamenta nel comparto una crisi mai vissuta prima, innanzitutto la mancanza di forza lavoro, imputata erroneamente al reddito di cittadinanza e poi al calo dei prezzi del prodotto, che rende molto meno redditizio coltivare e trasformare quello che si definiva l’oro del sud. Ma di questo ci occuperemo eventualmente in altra occasione, ora leggiamo la risposta del prof. Celletti al presuntuoso ed ignorante chef, tra l’altro napoletano. (A.M.Cavallaro)
Lettera aperta allo Chef Ilario Vinciguerra … e alla RAI su “Detto Fatto” del 3 febbraio 2015.
di Gino Celletti (nella foto)
Chef, nella bella trasmissione della Signora Balivo “Detto Fatto” di martedì 3 febbraio 2015, lei chef stellato, napoletano, con ristorante in Gallarate (VA), dove dicono non usi panna e burro, ma solo EVO, spara:
“l’olio del Sud e’ piu’ pesante di quello ligure e quindi piu’ acido”.
Ce lo dica chef: da dove ha preso queste 2 informazioni?
Credo che neanche lei lo sappia, ma io, che insegno l’olio da 30 anni, me ne sono fatto una idea.
Queste 2 “sciocchezze” vengono dall’atavica non conoscenza dell’olio, quella buona, quella dei luoghi comuni, quella detta senza voler far male, ma che invece fa malissimo, visto che ogni anno in Italia si vendono 1.000.000 di tonnellate di olio e di questo, 500.000 tonnellate sono pessime e straniere e quest’anno purtroppo saranno 800.000, cioè 8 bottiglie su 10 al supermercato non saranno italiane.
Capito chef dove colpiscono le sue sciocchezzuole?
Vanno dritte al cuore della nostra economia.
E adesso vediamo perché sono tali.
Divido la sua frase in due parti:
La prima: “l’olio del Sud e’ piu’ pesante di quello ligure…”.
Se lei si riferisce alla densità dell’olio, desidero informarla che l’Olio delle Olive, nelle sue 4 categorie commerciali:
Extra Vergine, Vergine, Olio d’Oliva, Olio di Sansa e d’Oliva), più l’olio di semi, più gli altri oli misti, hanno una densità che varia tra 0,921 e 0,956.
Come fa quindi un essere umano a distinguere tra valori che variano solo per centesimi?
Non può farlo!
Non ha gli strumenti. La bocca non puòdiscernerli, quindi è solo un luogo comune, alimentato anche da una cattiva informazione pubblicitaria e dal fatto che al Nord la cultura è quella del “dolce”:
il gorgonzola dolce, il prosciutto dolce, il burro che è dolce e quindi anche degli oli “taroccati” e lavati dai difetti che così diventano dolci, inodori, incolori, insapori, quindi intesi come “meno pesanti”.
Purtroppo molte persone del Nord e anche molti chef, ritengono ancora che un olio meridionale, ricco di antiossidanti “allunga la vita”, i polifenoli, sostanze naturali piccanti e amarognole, sia difettato, mentre è il contrario, è un tesoro che la Natura ci regala.
Si confonde quel piccante e quell’amaro con il rancido e il riscaldo degli oli importati e pertanto li etichettano “pesanti” quando invece sono manna per la salute.
Chef, se le danno un olio piccante e amaro meridionale ringrazi, le stanno dando piacere e salute, lei deve solo attrezzarsi per il giusto abbinamento a tavola. La informo sommessamente poi che al Sud ci sono cultivar dolcissime come Peranzana, Ogliarola, Biancolilla, Nocellara, Tonda Iblea, Giarraffa ecc. che possono essere
usate così come lei intende un “ligure”.
Se invece lei si riferisce alla digeribilità, essa non dipende affatto dall’essere un olio nordico o meridionale, ma spesso dagli errori commessi in cucina da cuochi privi di qualsiasi nozione della biochimica che interviene nella cottura a modificare la materia organica che usano.
La seconda: … e quindi più acido”.
Lei chef, per quanto “stellato” sia, è fisiologicamente uguale ad ogni altro essere umano che la circonda.
Lei chef, con la sua bocca, non può rilevare l’acidità dell’olio. Non lo sapeva ?
Glielo spiego io! Questo non è possibileper due motivi:
a) l’acidità si misura solo con strumenti di laboratorio che rilevano il ph, cioè il logaritmo in base 10 della concentrazione degli idrogenioni, cioè degli ioni H+ liberi, presenti nella soluzione che vogliamo titolare.
Liberi capito? Liberi vuol dire che dall’olio dovrebbero liberarsi tanti H+ da poter essere analizzati. Invece
nell’olio gli H+ sono pochissimi, tanto è vero che un EVO è tale se per legge ha meno di 8g di Acido Oleico
libero su 1000 g di olio.
b) l’acido Oleico viene rilevato dai recettori della lingua. Lo sapeva chef ? Specie quelli ai lati della lingua che si chiamano “foliati”, perché i recettori della lingua non sono tutti uguali.
Ma restiamo sui recettori della lingua. Senza entrare nelle reazioni allosteriche che vi avvengono e che trasmettono le poche sensazioni gustative deputate alla lingua (dolce, salato, acido e amaro, e tanto per capire meglio il gusto
menta ed il gusto caffè non esistono e non vengono rilevati dalla lingua ma sono aroma caffè ed aroma menta perché vengono rilevati dai turbinati del naso) desidero sensibilizzarla sulle dimensioni di un recettore della lingua.
Lascio stare le misure in Angstrom e le dico solo che in un recettore della SUA LINGUA, l’acido oleico
NON ENTRA e quindi non può essere riconosciuto.
E’ come se lei volesse parcheggiare una portaerei nel suo garage. I recettori hanno dimensioni piccolissime e possono accettare ioni piccolissimi come ad esempio quelli del Cloruro di Sodio, il sale da cucina che lei usa ogni giorno, una volta dissociati in acqua, cioè gli ioni Cloruro (CL-) massa atomica 35,453g/mol e gli ioni Sodio (Na +)
massa atomica 22,9898 g/mol, mentre l’acido oleico pesa 10 volte di più cioè 282,4614 g/mol.
Ma l’aspetto più importante è che da questa massa di acido oleico, gli H+ che si possono staccare e quindi rilevare sono praticamente ZERO, infatti l’acido oleico non si scioglie nell’acqua come il sale, anzi non si scioglie per niente
e questo chef lo sa bene anche lei.
Provi a mettere olio in un bicchiere di acqua. Visto ? Galleggia e non si scioglie. Perchédovrebbe sciogliersi nella sua bocca dove c’è un ambiente acquoso?
E allora come fa lei chef Ilario Vinciguerra a sentire con la sua bocca che un olio pugliese è più acido di uno ligure?
Oltre ad essere uno Chef stellato è anche uno Chef bionico ?
Se si, ce lo dica!
Sa quanti scienziati sarebbero interessati alla sua bocca oltre che alle sue ricette?
E basta, non se ne può più di queste “sciocchezze”. Le sentiamo e ci danneggiano da troppo tempo.
La ristorazione deve porre rimedio a questo scempio pseudo-culturale.
Al mondo ci sono 1528 cultivar diverse dell’Olea Europaea ed in Italia ne abbiamo 638, il 40% circa.
Chef, lo sa che per tradizione, gli strascinati con le orecchiette sono fatti con la Coratina pugliese, la pasta e fagioli con il Frantoio toscano, la pizza napoletana con l’Ortice campano, il polpo alla ligure con la Taggiasca, i piatti di tartufo nero con il Moraiolo umbro, gli spaghetti Aio e Oio con la caninese laziale e via dicendo?
Ma quale Italia dell’olio conosce ?
Quella dell’olio più o meno pesante o più meno acido che non esiste?
Alle giornate inaugurali dell’EXPO 2015 abbiamo ascoltato tanti bei progetti, ma per portarli a termine ci vuole cultura e la cultura si acquisisce studiando e studiando sempre, senza stancarsi mai.
Chef, le segnalo un momento di cultura tutto dedicato all’Olio delle Olive, qui vicino a Lei:
“Settimana dell’Olio Monocultivar” Parco Tecnologico Padano, Lodi – 20-24 aprile 2015 Polo di Eccellenza per le Biotecnologie Agro-Alimentari nel Mondo
MASTER OLIO MONOCULTIVAR
programma
MASTER MARKETING & COMUNICAZIONE OLIO MONOCULTIVAR
Come vede sotto, mi chiamo Celletti. Lei ha studiato all’Alberghiero” Angelo Celletti” di Gianola Formia(LT)
Un segno del destino?
L’aspettiamo a scuola, per lei offrono i Produttori d’Olio del Sud !
Alla RAI, a quando un format dedicato solo alle 628 cultivar italiane ? L’Italia lo merita. Vedere Spagna per credere.
Dr Gino Celletti