I Russi di Putin stanno distruggendo sistematicamente non solo le città ma anche ciò che di bello vi si trova e che appartiene al mondo intero. Fino a quando resteremo a guardare che il destino si compia? La guerra fa paura a tutti, è vero, ma non si può assistere a quel che sta accadendo senza reagire, le sanzioni non bastano. Putin sta vigliaccamente approfittando dell'inazione del mondo intero per portare a termine il suo infame progetto e il popolo russo dov'é? come reagisce a questo genocidio? Qualcuno protesta, é vero, ma dove sono le masse che dovrebbero invadere le città russe sdegnate di quel che si sta compiendo a loro nome? Questo é Lo sfogo della redazione alla notizia che anche questa opera d'arte possa essere sacrificata, insieme a tante altre, dalla bestialità di un invasore ottuso. (La redazione)
“Mentre gli ucraini fermano i carri armati russi a mani nude, aerei e missili russi continuano vilmente e disonestamente a bombardare le nostre bellissime città pacifiche. Il mondo deve fermare tutto questo”, ha dichiarato Oleksandr Tkachenko, ministro della Cultura ucraino, in un appello per chiudere i cieli sul paese attaccato. Per quali trame la storia dell’arte s’intreccia ai fatti di storia? Che fine fa la bellezza di fronte all’orrore azzerante della guerra? Nel Rosso e il nero Stendhal scriveva che la politica nella cultura è come “un colpo di pistola in un concerto”. Un corpo estraneo, in grado di distruggerne la funzione sublimante e consolatoria. Il ministro ucraino ha parlato di: “centinaia di vittime innocenti, la distruzione totale di chiese, cattedrali e musei”.Tra i molti capolavori in pericolo, ce n’è uno che può dirsi però testimone della straordinaria tenacia dell’arte, che, nei momenti di abisso, si avvale della propria aura sacrale per resistere, facendosi infine vessillo di pace. Si tratta della Cattura di Cristo (1602) di Caravaggio. Sopravvissuto a viaggi, rivoluzioni e guerre, abita il museo di Odessa, insieme alle opere di altri grandi maestri: Rubens, Gerard David, Guercino. Acquistato a Parigi nel 1870 dal collezionista Alexander Petrovich Basilewsky, fu donato al fratello dello zar, Vladimir Alexandrovich Romanov. In seguito a rivoluzioni, la tela fu soggetta a passaggi di mano, per approdare al museo ucraino. Quando Odessa, nel secondo conflitto mondiale, fu bombardata e occupata, La cattura di Cristo scomparve, senza lasciare traccia alcuna nei registri del museo. Riapparve miracolosamente solo nel giugno del 1945. Quando, a distanza di quattordici mesi dalla liberazione della città, la Chiesa Cattolica Romana lo consegnò alle autorità sovietiche. L’auspicio è che lo spirito sacrale di questo capolavoro pittorico, inafferrabile a dispetto del soggetto che ritrae, possa abbracciare l’Ucraina in un impeto salvifico.
Francesca de Paolis