(Foto. il Baritono Riccardo Novaro)
Niente di meglio per iniziare questa domenica, che si annuncia un po' uggiosa, di un brano allegro e veramente molto godibile del grande compositore italiano Domenico CIMAROSA. Venti minuti di puro piacere. Vediamo com'è nato questo "intermezzo" che all'epoca piacque molto agli appasionati di musica. (Tonino)
Questo celebre lavoro è problematico già a partire dalla sua destinazione. La definizione di ‘intermezzo’ è puramente ipotetica, poiché la presenza di un solo personaggio lo renderebbe un unicum in quel genere di spettacolo teatrale; potrebbe trattarsi anche della rielaborazione e dell’ampliamento di un’aria per basso e orchestra, oppure di una cantata comica. Incerta è altresì la data di composizione, che dovrebbe aggirarsi tra il 1786 e il 1793. Sicuramente il pezzo incontrò subito il gusto del pubblico: già nel 1810 veniva infatti pubblicato a Lipsia.
Un maestro di cappella sta provando con la propria orchestra; dichiara di volervi eseguire un’aria in «stil sublime», appellandosi all’autorità degli antichi maestri («che sapevano tanto»). Quando finalmente l’aria inizia, il risultato è disastroso: ogni strumento entra al momento sbagliato, costringendo il maestro a canticchiare personalmente ogni parte finché ciascun strumentista non l’abbia imparata. Collaudata con successo la compagine orchestrale, ci si cimenterà in un «granmorceau» di sicuro effetto.
La gustosa parodia di un compositore settecentesco alle prese con i suoi esecutori prende le mosse da un libretto costruito sul largo impiego di termini tecnici, che suggeriscono così realisticamente la caricatura del maestro di cappella. Il lavoro si ricollega a un filone metateatrale particolarmente frequentato nel Settecento (ricordiamo ad esempio La Dirindina di Domenico Scarlatti, La canterina di Haydn, Der Schauspieldirektor di Mozart), cui Cimarosa stesso aveva contribuito proprio in quegli anni con L’impresario in angustie(1786). La struttura musicale dell’opera è particolarmente interessante: dopo un recitativo accompagnato che introduce le prove, l’aria propone, nel quadro di un fantasioso disordine, una sorta di campionario dei timbri strumentali dell’orchestra dell’epoca. In una terza fase, le varie parti proposte dal maestro vengono dapprima intonate dalle diverse sezioni orchestrali e quindi integrate – mentre la voce tace – in una pagina di grande vigore sinfonico, del tutto degna di comparire in apertura di un’opera coeva. Un’ultima aria conclude gioiosamente queste problematiche prove.