È DEDICATA A UNO DEI PRINCIPALI ESPONENTI DEL CLASSICISMO SEICENTESCO LA MOSTRA IN PROGRAMMA DALL’1 MARZO AL 22 MAGGIO AL MUSEO ROMANO: UN PERCORSO CHE APPROFONDISCE IL RAPPORTO TRA RENI E LA PITTURA DI PAESAGGIO, E IL SUO RAPPORTO CON LA FAMIGLIA BORGHESE
(foto:Atalanta e Ippomene) È tra gli eventi di punta della programmazione del 2022 della Galleria Borghese Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura, mostra che si terrà dall’1 marzo al 22 maggio 2022 dedicata a Guido Reni (Bologna, 1575 –1642), tra i principali esponenti del classicismo seicentesco la sua carriera è stata fortemente legata alla Capitale e alla committenza della famiglia Borghese. Curata da Francesca Cappelletti, l’esposizione – che sarà inaugurata a più di trent’anni dall’ultima grande mostra italiana dedicata al pittore – ripercorre infatti i primi anni del soggiorno romano dell’artista, ruotando attorno a un’opera particolare: la Danza Campestre del 1605 circa, che dal 2020 è tornato a fare parte della collezione del museo.
(foto: Crocifissione di San Pietro) IL SOGGIORNO DEL PITTORE A ROMA
Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura racconta attraverso oltre 30 opere l’interesse del pittore per la pittura di paesaggio in rapporto ad altri pittori operanti a Roma nel primo Seicento. Sono gli anni in cui Reni studia l’antico e il Rinascimento e frequenta Caravaggio. Reni arriva a Roma ai primi del Seicento, probabilmente su invito del cardinale Paolo Emilio Sfondrato, conosciuto a Bologna nel 1598. In questa occasione, il cardinale chiede a Reni di realizzare una copia dell’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello; l’opera arriva così a Roma anticipando l’arrivo di Reni che rimane nella Capitale fino al 1614 realizzando lavori con soggetti religiosi, alcuni dei quali per conto del cardinale Sfondrato che, nel 1608, vende a Scipione Borghese parte della sua collezione.
IL DIPINTO “DANZA CAMPESTRE”
La mostra ruota attorno al ritrovato dipinto di Reni Danza campestre, facente parte – come documentato negli antichi inventari – sin dall’inizio del Seicento della collezione del cardinale Scipione Borghese, venduto nell’Ottocento, prima disperso, e poi ricomparso nel 2008 sul mercato antiquario londinese come anonimo bolognese. L’opera, dopo le verifiche attributive, è stato riacquistato dalla Galleria nel 2020, e rappresenta “un’importante integrazione storica del patrimonio del museo, la sua presenza nelle sale della pinacoteca accanto agli altri dipinti della collezione sottolinea la fondamentale importanza della committenza Borghese per Guido Reni e offre l’opportunità di riflettere sul rapporto del pittore con il soggetto campestre e la pittura di paesaggio, finora ritenuti ‘estranei’ alla sua produzione”, come sottolinea una nota stampa del museo.
(Foto: Trinità con Madonna di Loreto e card. Antonio M.Gallo) Tra le opere in mostra, sono quattro monumentali pale d’altare – la Crocifissione di San Pietro (1604-5), la Trinità con la Madonna di Loreto e il committente cardinale Antonio Maria Gallo (1603-4 c.a), il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria (1606 c.a) e il Martirio di Santa Cecilia (1601); la Strage degli Innocenti (1611) e San Paolo rimprovera San Pietro penitente (1609 c.); Lot e le figlie e Atalanta e Ippomene (1615-20), oltre a opere di artisti che hanno influenzato il percorso di Reni, come il Paesaggio con la caccia al cervo di Niccolò dell’Abate alla Festa campestre (1584) di Agostino Carracci, alcuni quadri di Paul Bril parte della collezione della Galleria, e Paesaggio con Arianna abbandonata e Paesaggio con Salmace ed Ermafrodito (1606-8 c.a), due dei sei paesaggi con storie mitologiche di Carlo Saraceni, già parte della collezione Farnese, provenienti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte; quattro tondi di Francesco Albani e ilPaesaggio con Silvia e il satiro (1615) del Domenichino.
– Desirée Maida
Fonte: https://www.artribune.com
Martirio di Santa Caterina d'Alessandria
Martirio di Santa Cecilia
Strage degli innocenti
San Paolo rimprovera San Pietro penitente
Lot e le figlie