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Anna Achmatova e Dmitri Shostakovich

libro anna achmanova.jpgDurante i giorni di festa della Santa Pasqua quest’anno ho avuto il piacere di ricevere due regali da due amici che stimo molto ma che non si conoscono tra di loro. Il primo, grande appassionato di letteratura russa, mi ha omaggiato di un libro che ho letto molto rapidamente come mio costume, riservandomi però di leggerlo approfonditamente più tardi; si tratta di un romanzo, se lo si può definire tale, nel quale l’autore prof. Paolo Nori, uno dei migliori traduttori dal russo, narra la vita di quella che è considerata la più importante poetessa russa del 900. Mi riferisco ad Anna Achmatova. Ho detto prima che ho difficoltà a definire il libro un romanzo in quanto l’autore parlando della grande poetessa fa riferimento a parecchie esperienze personali riguardanti il suo vissuto non soltanto di studioso ma anche di normalissimo uomo con i suoi pregi e difetti. Il titolo stuzzicante del libro: “Vi avverto che vivo per l’ultima volta”, sottotitolo: “noi e Anna Achmatova”.

Il Secondo regalo che ho ricevuto da un altro amico, musicologo e musicista, appassionato ed ottimo esecutore di musica classica, è un CD contenente, tra altre una composizione di Dmitri Shostakovich (1906-1975), del quale trovo con mia grande sorpresa un brano che mi era capitato di ascoltare solo un paio di volte, (quando non esistevano ancora Youtube e tutte le possibilità che oggi offre il web): il “QUINTETTO PER PIANOFORTE ED ARCHI in sol minore opera 57. Qualcuno dice che le coincidenze non esistono, anch’io in gioventù non ho mai creduto alle coincidenze, però, oggi devo ammettere che le casualità che accadono nella vita spesso influiscono in modo decisivo sulla nostra esistenza. Il fatto che l’occasione di interessarmi di questi due personaggi della cultura mondiale mi sia stata offerta da due persone completamente differenti l’una dall’altra, ma ambedue dotate di grande sensibilità, è stata una ulteriore piacevole coincidenza. Leggendo il libro sulla vita sfortunata di Anna Achmatova, della quale mi era capitato soltanto di leggere fuggevolmente qualche poesia, ho appreso che nel 1941 si trovava a Leningrado, oggi San Pietroburgo, ma anche il compositore si trovava in quel periodo proprio a Leningrado e ambedue vissero con ansia gli 800 giorni terribili dell’attacco feroce che i nazisti sferrarono contro quella città.

Anna risiedeva in quegli anni nella casa - due stanze, poi una stanza - con giardino che affaccia sul fiume Fontanka, dove oggi le è stato dedicato un museo. Particolarmente intensi alcuni versi del suo Requiem, un poema non scritto, ma creato e mandato a memoria riga dopo riga, senza lasciare alcuna traccia cartacea, troppo pericolosa per chi, come lei, aveva già la famiglia tormentata dal regime ed era sotto costante, atroce controllo. Leggiamo un ricordo poco piacevole della grande poetessa:

“in quegli anni terribili, ho trascorso 17 mesi nelle code fuori dal carcere, a Leningrado (dove era incarcerato suo figlio). Un giorno qualcuno mi ha riconosciuto. Dietro di me, con le labbra livide, una donna che certamente invita sua mai aveva scritto il mio nome, riprendendosi dal torpore mentale che ci accomunava tutti, mi domando all’orecchio, sottovoce: “ma lei questo può descriverlo?”

E io dissi: “sì, posso”.

Allora una specie di sorriso attraversò quello che una volta era il suo viso.

*****************

Placido scorre il placido Don,

la gialla luna entra nella casa,

entra con il cappello storto,

e la gialla luna vede un’ombra.

Questa donna è inferma,

questa donna è sola,

il marito nella fossa, il figlio in cella.

Pregate per me.

No, non sono io,

e qualcun altro a soffrire.

Io così tanto non potrei, ma quanto è successo

sia coperto da drappi neri,

e portino via le lucerne.

Notte.

Alla poesia struggente di Anna, non scritta ma mandata a memoria per i posteri, fa eco la musica del quintetto di Shostakovich “che mette insieme il gelo della follia, il grottesco quotidiano e caricaturale e la felicità impossibile, il terrore e la speranza”. Chissà se il musicista ha avuto l’occasione di conoscere i versi della poetessa, certo è che “il quintetto propone e compone assieme questi estremi dei quali non è possibile avere timore. Se lo si prova, meglio lasciar perdere la partitura abissale. Coglierli, invece, sentirseli addosso mentre si suona, cercarli negli occhi di chi è seduto con te. Quì li percepiamo. In una prova di consapevole maturità artistica. Esemplare il tempo,-meglio: i tempi, considerando la variabilità costante di questo parametro-scelti con accuratezza, i colori e i pesi del suono che variano così come muta, spesso e radicalmente, l’atmosfera espressiva…”(da una nota di Sandro Cappelletto, scrittore e storico della musica)

Spero di essere riuscito a incuriosire gli appassionati di letteratura e di musica che ci seguono sul nostro sito. il libro lo si trova facilmente in tutte le librerie oppure sul Web, il Quintetto per pianoforte ed archi lo offro io cliccando qui. Grazie per l’attenzione, buona lettura e buon ascolto.

Antonio Michele Cavallaro

(Il CD che ho ricevuto è stato registrato dal pianista concertista Matteo Fossi e il quartetto Savinio che collaborano da molti anni, sulla base di una profonda condivisione di ideali musicali e artistici, affrontando tutti i massimi capolavori del repertorio per quintetto con pianoforte, e dedicandosi con passione e curiosità anche ad autori di minore notorietà ma di assoluto valore.)

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