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L’accento sul bello, secondo l'artista Enzo Palazzo

Enzo PalazzoCome rendere accessibile l’arte contemporanea?

Attraverso il progetto “Le Porte di Sibari”, una riflessione tra arte e storia, un viaggio conoscitivo della Magna Graecia, quindi di Sibari fino ad oggi.

Come si fa a parlare di bellezza, di cultura, di ricchezza visiva, di arte, di storia, mentre i luoghi le città i territori a volte ci parlano di degrado urbanistico – architettonico. Più volte abbiamo ricordato l’espressione tratta da l’idiota di Dostoevskji “la bellezza salverà il mondo”. Potrà farlo ancora oggi? Quale sarà il valore salvifico di questa bellezza e della sua celebrazione? Forse non ci è dato saperlo ma, agli artisti si chiede di farlo. Di offrire, cioè, una “proposta di bello” nelle sue varie articolazioni perchè gli animi, ingentiliti dalla sua contemplazione, possano non coltivare mai più gli abnormi e disumani sentimenti che hanno condotto ultimamente la nostra storia.

La storia di un territorio è disegnata già di per sé da una contestualizzazione geografica. Ci sono legami che danno vita ai cosiddetti itinerari della memoria nel presente. Una memoria che vive dei segni e dei simboli nella nostra quotidianità. Carica di significati profondi che rimandano alla storia, alla cultura, alla vita quotidiana di quei popoli che transitarono per questi luoghi, che vi organizzarono le loro attività economiche. IL Mediterraneo che crea legami tra il mondo Occidentale e quello Orientale, lasciando segni e messaggi indelebili di una civiltà da custodire nella mente e nel cuore, ancora oggi, come testimonianza, eredità morale, cultura, non solo da preservare, ma da valorizzare e far conoscere.

Gli antichi avevano compreso l’importanza e la complessità del Genius Loci, di questo processo al punto che, ad esempio, nel mondo greco classico, la scelta del luogo dove costruire una nuova colonia era affidato all’ecista, ( nella Grecia antica, era un condottiero scelto da un gruppo di cittadini per guidarli alla colonizzazione di una terra) personaggio a metà strada tra il condottiero, il sacerdote, il filosofo e l’architetto, il quale sapeva interpretare presagi, segni, narrazioni, semiologie dei luoghi, oltre che gli elementi geografici. Ma la precisa identificazione di quest’idea di “essenza interiore” del luogo fu coniata dai latini con il Genius Loci, che, con estrema semplificazione potremmo definire come lo spirito, il nume tutelare di ogni singolo luogo attraverso il recupero di un linguaggio, sempre oggettivato nella forma, di elementi costitutivi dell’antropologia culturale di un retroterra, di una memoria collettiva, recuperando i centri storici e la periferia.

Così finì il neorealismo: in letteratura Pasolini, nel cinema Visconti, in architettura Zevi rileggevano la periferia come incubatore di solitudini e di violenze, portandoci altrove, nei territori del mito e della storia: dalla borgata di Accattone alle terre sacre del Vangelo secondo Matteo, dalla devianza familiare di Rocco e i suoi fratelli alla sfarzosa epopea del Gattopardo, alle invettive di Italo Insolera per salvare la città dal cemento. Anche in architettura tornava, da protagonista, la storia.

Gli studi urbani di Saverio Muratori e Gianfranco Caniggia a Roma, di Aldo Rossi e Carlo Aymonino a Venezia, insieme alla conquista di un nuovo sistema di tutela e recupero dei centri storici riportarono negli anni Settanta l’attenzione degli studiosi sui caratteri dei luoghi e sui valori della storia della città. Nel 1979 fu pubblicato da Christian Norberg-Schulz “Genius loci”, scritto in più fasi a partire dagli anni sessanta e comunque fondato sul celebre saggio di Heidegger del ‘51, “Edificare, Abitare, Pensare”. Il “luogo” o, meglio, lo”spirito del luogo” diventa la prima ragione del contesto che in questo caso riassume gli aspetti naturali come quelli antropici. Riprendendo la celebre metafora del ponte di Heidegger, Norberg-Schulz spiega che un “luogo” si caratterizza non tanto in virtù della bellezza o dell’equilibrio delle sue componenti naturali o artificiali, quanto attraverso la contaminazione di questo equilibrio causata da un evento singolare ed identitario: dato un paesaggio con un fiume, è il ponte, appunto, che, contrastando la separazione delle rive e lo scorrere dell’acqua, cattura e riunifica le sponde, definendo una identità. 

L’artista interagisce con la memoria dei luoghi rappresentandone l’immagine e la sua percezione esplorandone il coefficiente d’informazione. L’artista indaga le relazioni tra spazio immaginato, spazio percorso e l’agire del pubblico. Le opere per un preciso contesto raccontano le diverse esperienze del luogo analizzato che riguardano per esempio le convenzioni sociali, politiche, storiche, architettoniche, antropologiche. Come dire che, a saper bene indagare ogni luogo reca in sé i segni di ciò che esso vuole essere e divenire. Far rivivere il territorio, riappropriarci del nostro passato, approfondire la nostra storia, studiare, recuperare, preservare e coltivare il bello che ci circonda, possono trasformarsi in conoscenza operante, nel senso che indagando e meditando sui processi evolutivi della comunità cui si appartiene, diventa più immediata la comprensione di se stessi, della complessità del mondo in cui si vive e conseguentemente dei modi della contemporaneità, per affrontare il futuro che ci attende.

La storia, le vicende che nel corso dei secoli hanno portato i nostri territori ad assumere un ruolo di grande rilievo nella storia dell’Europa, sono espressioni di una necessità culturale che mira a rendere conoscibili in modo adeguato una serie di vicende la cui storia deve essere fissata per dare valore al presente e per costruire il futuro dei nostri territori.

IL sapere è il valore fondamentale per la crescita degli uomini e donne consapevoli, lucidi, attenti e protagonisti dei propri destini. In nome di questi valori vorrei condividere i percorsi di crescita insieme a coloro che rompono gli schemi, che scoprono nuove strade, che trovano il coraggio di pensare liberamente. In questo l’arte può acquisire valori reali, può concorrere a conservare la memoria e a sollecitare non solo l’immaginazione ma il progresso civile ed economico di un territorio, di una città, facilitando la conoscenza e l’indagine sui temi che interessano l’essenza dell’uomo. L’arte come strumento di arricchimento sociale dunque, come medium attraverso cui generare nuove idee e possibilità, perché come scrisse Victor Hugo: “il passato porta all’avvenire”.

“Io fui qua”. Ciò che Jan Van Eyck scrive sul muro della stanza dei coniugi Arnolfini, nel 1434, e ciò che gli artisti di ogni tempo hanno in fondo voluto dire.

Ho sempre pensato che un artista debba essere un buon osservatore ma, anche che è un lavoratore con le mani, la sua testa, il suo cuore, citando San Francesco d’Assisi. Da anni porto avanti un lavoro accanito, profondo, coraggioso, vastissimo, indagando le varie forme espressive realizzando opere che sono capaci anche, di riscoprire un passato confrontandolo con un contesto oggi mutato. Il mio intento è sempre stato, quello di riportare nel presente il valore delle mie radici alla base di una cultura contadina che ancora oggi, sopravvive, miracolosamente, rispecchiandosi nella laboriosità, nel senso del sacrificio, nella solidarietà di una comunità che può guardare appunto al passato per non smarrire il senso di via del presente.

L’arte come messaggio estetico, etico, sociale, umano, filosofico, politico, come atto supremo che racchiude i mondi del passato e provoca corti circuiti per leggere le divinazioni dell’avvenire e tutto ciò senza ricorrere soltanto alla tela, a una concettualità espressa attraverso forme e colori tradizionali, ma con gesti, con parole installazioni site/specific. La mia esperienza artistica compiuta fino ad oggi, mostra come le mie installazioni coinvolgono il paesaggio e la storia, la memoria e il progetto. Far capire alla gente il significato di spazio, che non è qualcosa di vuoto. Lo spazio ha atmosfera e quello che ci metti dentro colorerà i pensieri e le consapevolezze di tanti con opere che trasformano la percezione dello spazio. Il mio atto è quello di far incontrare l’arte contemporanea con i luoghi, le città per stabilire il rapporto tra arte, architettura, luogo. Relazionarsi con i luoghi che hanno vita e identità propria. La spinta primaria che ha motivato il mio fare analitico è, quindi, quella di contestualizzare il fare creativo contemporaneo rapportandolo a luoghi carichi di senso, a realtà antropologiche ben precise del territorio regionale. Io credo che, l’artista, immerso in questo incessante movimento evolutivo globale, deve saper governare i processi di mutamento in atto e diventare, motore di trasformazioni sociali pur senza smarrire il senso profondo della propria identità individuale, della propria identità creativa, realizzando opere in cui sia possibile leggere il mondo. L’arte racconta il mondo perché il mondo è inscritto in essa. Lavorare sui temi dell’assenza, della memoria, di tutto quello che sembra perduto, ma che continua a sollecitare le attese della nostra anima. Cosa rappresenta per noi oggi la bellezza, dobbiamo interrogarci su questo concetto fondamentale che ha avuto un ruolo importante attraverso i secoli, come il Rinascimento, perché la bellezza porta con sé non solo un aspetto estetico, ma anche un imprescindibile valore etico. Senza il quale non potremmo salvare noi stessi e la nostra civiltà. Ecco l’idea.

Ecco l’idea.

Enzo Palazzo

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