Grande partecipazione per la “La Bellezza. Eroi ed Eroine del Passato” - Entusiasmante viaggio letterario del prof. Giuseppe De Rosis nella suggestiva cornice della Chiesa del Carmine
“Il Fato è come un fiume in piena, non c’è diga che possa fermarlo. L’unica cosa da fare, dinanzi ad esso, è il modo di rapportarsi agli eventi, quello che potremmo definire il coraggio di vivere”. Questa una delle numerose e significative affermazioni enunciate dal prof. Giuseppe DE ROSIS nel corso del viaggio letterario sul tema
, Stefania ZANGARO, Lisa POLINO, Maria ROMEO, Anna MINNICELLI: questi gli interpreti della serata incastonata nel Complesso del Carmine, alle porte del centro storico coriglianese, che hanno letto i brani selezionati per l’occasione in modo coinvolgente e sentito.
“Caro Giovanni, questa sera, so che parlerete di me. Approfitto per farti giungere questa mia lettera. Non è usuale che io scriva e parli di me, sono altri che lo fanno, e quante volte ho timore del loro dire! Scusami se lo faccio in prima persona e anche in forma impersonale; è un mio vezzo, penso di farmi capire meglio e poi, ti dico, in verità, questo mio modo di comunicare mi rasserena un po’.
Ci vuole coraggio nel parlare di Bellezza in questi tempi, dove la Bruttezza sembra padroneggiare il mondo e le coscienze. Sono devastata, umiliata, calpestata, deturpata. Ogni giorno, in ogni angolo del mondo, anche lì, nel tuo piccolo prezioso mondo. Che se ne parli è un miracolo, e ne sono grata a chi lo fa con cuore e disinteresse. Ma la Bellezza, amico mio, più che predicarla, si pratica, si custodisce, si nutre, si rispetta. Alla Bellezza ci si educa, e voi so che ci provate.
Cari amici, non cercatemi lontano, sono accanto a voi. Sono nel canto dell’usignolo, nell’incanto del mattino, nei colori della sera, nella gioia del pesco in fiore, nei ricami delle rondini, nella spuma che ti bagna e fugge via sognando nuovi lidi, nel ciuffo baldanzoso dell’upupa, nel ventaglio pretenzioso del pavone. Sono nell’onda del grano in un campo di pane.
Sono negli occhi senza confini di un bambino, nel volto solare della ragazza innamorata, nei solchi rugosi di terra e di sole del contadino mai stanco, nei segni d’artista di donne dal volto in cammino.
Non cercatemi in mondi sconosciuti, sono nelle braccia di chi solleva altre braccia, nel sorriso che si affida a chi ha perso il sorriso, nella carezza che accoglie chi non sa più cosa sia la tenerezza; nelle timide dita che si posano adagio sul volto di chi è appena andato via portandosi parte di noi.
Bellezza è la parola, quella scritta cantata parlata. Bellezza è la libertà: che ve ne fate di ponti d’oro se vi manca la libertà, di agire, di esprimervi, se non potete far sentire la voce della coscienza. Siate come farfalle libere e cercate, come loro, il bello dei colori.
Ma tutto è Bellezza. La Bruttura è l’assenza della Bellezza. Date il sole alla notte e chiamerete giorno la notte. È dentro l’uomo che si annida il precipizio e rende triste anche il sogno della luna. La Bellezza è nello sguardo di chi osserva, anche nello sguardo di chi ha occhi che sembrano a noi spenti, nella mente di chi pensa. Chi pensa bello, vede bello, lo difende, lo esalta, lo realizza.
Riflettiamo sulle mostruosità e gli orrori di ieri e di oggi, ma restiamo fermi nel pensare alla Bellezza che persiste resiste dilaga, e aspetta d’essere tutelata e abitata.
Quante volte sento dire: la Bellezza salverà il mondo! Quante aspettative su di me! Non mi tirerò indietro, particolarmente in questi tempi di nichilismo, ma voi sarete con me? Non espelletemi dal vostro quotidiano, non mi ripudiate. Rinneghereste anche voi stessi, e non dimenticate, poi, che chi vive nella Bellezza sconfigge l’odio, il rancore, perfino la vecchiaia.
E a tale proposito, di’ a quel tuo amico, Giuseppe, detto perennemente Pinuccio, che lasci ai vecchi gli amori senili; la vecchiaia si è già presentata a lui, quando è andato in pensione, e pensava, la furba decrepita, di averlo tesserato. Ma quel buontempone di De Rosis sì è inventato un marchingegno, una diavoleria: tanti mattacchioni e pazzerelle insieme a lui, hanno messo su, non so che cosa, un sodalizio, che chiamano Amici dell’Arte: parlano di letteratura, di poesie, di me; non stanno in cattedra e sanno di non essere a Cinecittà né a Hollywood, e allora la vecchiaccia, disperata, sconfitta, si è dileguata, imprecando: Cu chisti un ci pozzo fare nente!
Caro Giovanni, ti abbraccio; abbracciami quanti sono presenti sotto l’antico fumaiolo del vecchio concio, lì dove, lavorando la pasta bollente della liquirizia con le nude mani, tante ragazze, tante mamme, hanno visto fiorire, e sfiorire, e accrescere, della donna, la bellezza.”
Fabio Pistoia