La pellicola in onda su Sky Arte lunedì 23 maggio, a trent’anni dalla strage di Capaci, individua nella creatività uno strumento fondamentale per opporsi alla violenza della mafia
L’arte può essere uno strumento per combattere la mafia e per riqualificare luoghi segnati dalla delinquenza? Le fotografie che hanno documentato quei tragici momenti sono cronaca, arte o storia? Quale forza hanno ora? Cultura e bellezza possono funzionare come antidoto a una strategia criminale che punta unicamente all’impunità e al profitto?
Da questi e altri interrogativi trae spunto Arte vs Mafia – La forza della bellezza, il documentario in onda su Sky Arte lunedì 23 maggio, a trent’anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e a quaranta da quella di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa.
IL DOCUMENTARIO ARTE VS MAFIA
La pellicola sottolinea come il sacrificio degli uomini dello Stato abbia segnato le coscienze non solo dei cittadini comuni, della giustizia e della politica, ma anche del mondo dell’arte. Le testimonianze di artisti, giornalisti, fotografi e familiari delle vittime (Maria Falcone, Fiammetta Borsellino, Franco La Torre) compongono una intensa narrazione che unisce la riflessione creativa alla cronaca.
Sono molte le immagini e le suggestioni che delineano questo mosaico: dalla fotografia scattata da Tony Gentile a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che si sorridono in un momento di intimità, e alla quale si ispira il murale che troneggia sul lungomare di Palermo dipinto dagli street artist Rosk e Loste, ai volti dei due magistrati che hanno ispirato anche la Porta dei Giganti, l’imponente installazione pittorica di Andrea Buglisi su due palazzi costruiti accanto al carcere dell’Ucciardone.
GLI INTERVENTI DEGLI ARTISTI: DA EMILIO ISGRÒ A LETIZIA BATTAGLIA
Nell’aula bunker di Palermo, teatro del maxi processo, Velasco Vitali ha presentato per la prima volta il Branco, opera/metafora itinerante realizzata con rifiuti derivanti dall’abusivismo edilizio, ora esposta nel cortile della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo, dove hanno studiato Falcone e Borsellino e i tanti giovani che ne seguono l’esempio.
Mafia e riscatto culturale sono anche i temi affrontati da Emilio Isgrò, autore dell’opera Seme d’Arancia, nel messinese, suo territorio natale, immortalata dall’obiettivo di Ferdinando Scianna. Claudio Fava descrive le tele del padre Giuseppe Fava, scrittore e giornalista ucciso dalla mafia catanese nel 1984, mentre Roveto Ardente è il titolo del trittico murale di Igor Scalisi Palminteri dedicato a Don Pino Puglisi, il prete ucciso a Brancaccio nel 1994 perché insegnava ai giovani le alternative alla criminalità.
Memorabile infine la testimonianza di Letizia Battaglia, recentemente scomparsa, che ha visto e fotografato la mattanza della mafia e che nell’intervista rilasciata pochi giorni prima di morire ha dichiarato che il giorno della strage di Capaci scelse di non andare sul luogo dell’esplosione e di smettere di fotografare gli eccidi di mafia: “Da Falcone in poi ho detto no, non ho fotografato neppure Borsellino e Don Puglisi”, decidendo di dare spazio solo alla bellezza come antidoto al dolore.
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fonte: www.artribune.com