Come al solito in ritardo qualche giornale la ricorderà.
Aveva 93 anni, un po' dimenticata verso la fine, mentre fu un faro che illuminò la vita negli anni bui successivi alla seconda guerra mondiale. In quel tempo contribuì alla rinascita del desiderio di libertà e della gioia di vivere.
Amata e sostenuta da Jean Paul Sartre, che scrisse il testo di alcune sue canzoni, divenne la musa ispiratrice dell'Esistenzialismo. La sua voce oscura e profonda dalle "boits de nuit" di Saint Germain des Près cantava la beat generation negli anni '60, infervorando gli animi di tanta gioventù. Vestiva rigorosamente sempre di nero. Lanciò la moda del maglione a collo alto, che evidenziava il suo incarnato bianco. I suoi occhi neri ingranditi da un intenso trucco con l'eye liner catturavano l'attenzione in sintonia con la sua voce.
Era lo specchio dell'Esistenzialismo, che non fu solo una filosofia, bensì anche l'affermazione della libertà e del cameratismo. Sartre cantava e suonava il piano.
Io ricordo Juliette Greco perché ero a Parigi negli anni dal '57 al '63.
Mio padre lavorava alla Nato, in francese Otan, prima che poi De Gaulle annunciasse il ritiro della Francia dal comando supremo della Nato, trasferita in seguito a Bruxelles.
Abitavo all'Ecole Militaire, dove c'è la tomba di Napoleone. Non avevamo la televisione, ma alla radio ascoltavo spesso incantata le sue canzoni.
Juliette Greco ha segnato un'epoca e ce ne ha lasciato un ricordo indelebile.
Avrebbe meritato l'attenzione dei quotidiani impegnati viceversa a torturare il lettore con superflui e tendenziosi richiami al coronavirus e interminabili discussioni sui risultati elettorali.
Elvira Brunetti