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Vangelo della V Domenica di Pasqua - 29 Aprile

L VITE.jpgDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 15,1-8.
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.  Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.  Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO

29 aprile 2018

V Domenica di Pasqua – B

(At 9,26-31; Sal 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8)

Se domenica scorsa il Vangelo ci aiutava ad entrare sempre più profondamente nel mistero della Risurrezione attraverso l’immagine del Pastore bello/buono, nella pagina del Vangelo di questa quinta domenica di Pasqua ci viene consegnata una seconda immagine che può aiutarci a comprendere “come” accade la nostra risurrezione e “come” si vive da risorti. È l’immagine dell’agricoltore, della vite e dei tralci. Gesù si rivela come la vite “vera”, rivela che il Padre è colui che se ne prende cura, come agricoltore, rivela che noi siamo i tralci di questa vite.

Quando Gesù dice di essere la vite “vera” si contrappone a quanti – il popolo di Israele – erano stati curati con amore da Dio, ma non avevano corrisposto a tale cura: piantati come vigna scelta si erano tramutati in “tralci degeneri di vigna bastarda”, l’agricoltore si aspettava che “producessero uva e, invece, produssero acini acerbi”.

Gesù è la “vera” vite perché ha corrisposto in tutto alla volontà del Padre: “mio cibo è fare la volontà del Padre”. E poiché ha corrisposto in tutto al Padre, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, il Padre l’ha esaltato, la morte non ha potuto tenerlo prigioniero! La vite “vera”, perciò, è un’immagine che ci aiuta a comprendere che la Risurrezione accade corrispondendo pienamente alla volontà del Padre. Proviamo, ora, a soffermarci sull’immagine dei tralci. Dei tralci Gesù afferma tre dinamiche: - rimanere nella vite; - portare frutto; - essere disponibili alle potature. Se queste tre dinamiche non vengono vissute, il tralcio “viene gettato e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. Se non vogliamo essere tralci gettati, seccati, raccolti e bruciati, dobbiamo impegnarci seriamente a vivere le dinamiche indicate da Gesù!

Rimanere nella vite. Dovrebbe essere una dinamica piuttosto naturale per un tralcio: se si tratta di un tralcio è proprio perché è “nella/dalla” vite. È la vite che lo alimenta con la linfa vitale! È un rapporto di reciprocità, però! La vite desidera alimentare il tralcio, ma il tralcio deve lasciarsi alimentare dalla vite: “chi rimane in me e io in lui”! Gesù vuole offrirci tutta la sua grazia, ma noi la desideriamo, la ricerchiamo? Che rapporto abbiamo con i “sacramenti” della grazia?

Portare frutto. Il tralcio è “nella/dalla” vita, ma è anche “per”! Il tralcio è “per” portare frutto! È chiaro, per portare frutto occorre essere, rimanere nella vite! Perché senza Gesù “non possiamo fare nulla”! Lo abbiamo ascoltato chiaramente:  ”senza di me non potete far nulla”. Nessuno può dare ciò che non ha: “come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”. Perciò attenti ai “venditori di aria”! Se uno non si lascia alimentare dalla grazia e dall’amore di Dio non potrà mai offrire ad alcuno amore vero, ma solo contraffazioni subdole e interessate! Gesù ci dice chiaramente: “chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto”!

Essere disponibili alle potature. Le due dinamiche precedenti a volte si “inceppano”. Spesso può capitarci di non lasciarci alimentare dalla grazia che la vite “vera” mette a nostra disposizione, di vivere una sorta di “anoressia spirituale”, oppure

potrebbe capitarci di vivere una sorta di “bulimia spirituale”, alimentandoci smodatamente e solo per noi, col rischio di portare ben poco frutto! Ecco la necessità della potatura, forse dolorosa, ma necessaria! E come avviene la potatura? Lasciandoci “ferire”, provocare, mettere in discussione, rinnovare nell’impegno serio della Parola!

Perciò, riconoscendoci come tralci un po’ malandati, chiediamo al Signore che continui ad alimentarci con la sua grazia, che ravvivi in noi il desiderio di rimanere in Lui, che ci aiuti a portare molto frutto, che ci poti al momento opportuno e che non ci permetta mai – mai! – di seccarci e di essere separati da Lui: fa’, o Signore, che siamo sempre fedeli alla tua Parola e che mai ci separiamo da Te! Amen.

NELL'ALLEGATO IL FOGLIO INFORMATIVO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE IN SIBARI

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