Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,7-13. In quel tempo Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.
E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.
E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.
Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».
E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B
15 luglio 2018
È particolarmente interessante rileggere le letture che ci vengono consegnate in questa domenica, in particolare la prima e il Vangelo, in profonda continuità con la Liturgia della Parola di domenica scorsa, la quale ci ricordava che di fronte a Gesù possiamo “chiuderci”, come gli abitanti di Nazaret, impedendogli di operare prodigi, oppure “arrenderci”, come Paolo, forti delle proprie debolezze, confidando esclusivamente nella Parola di Dio che assicura: “Ti basta la mia grazia”!
Alla sorte di Gesù, che viene accolto o rifiutato, sono associati i discepoli di tutti i tempi.
Anche i discepoli, infatti, come già i profeti dell’Antico Testamento, come il profeta Amos di cui ci parla la prima lettura, come pure i “profeti di oggi”, possono trovare accoglienza o rifiuto, perché accoglienza o rifiuto continua ad essere riservata alla Parola – al Signore Gesù! – di cui i discepoli/apostoli, di cui i profeti, sono i “messaggeri”!
La Liturgia di questa domenica ci provoca a riflettere sulla nostra vita di discepoli/profeti e sulla nostra capacità di accogliere i profeti che anche oggi il Signore continua ad inviare alla Chiesa e al mondo.
La missione dei dodici, che a due a due, vengono inviati e ai quali il Signore Gesù dà potere sugli spiriti impuri è la nostra missione! Ci riguarda!
Il Signore continua a chiamarci e ad inviarci. I padri della Chiesa, commentando il fatto che i discepoli vengono inviati a due a due, annotano: “perché due sono i precetti dell’amore: l’amore a Dio e al prossimo”.
L’essere inviati “a due a due” dice lo sforzo, la fatica, di imparare a camminare insieme, sopportando, anzi accogliendo i difetti dell’altro e sopportando e cercando di mitigare i propri!
Essere inviati “a due a due” dice che non sono io, non siamo noi a sceglierci il compagno di strada, ma che è necessario accogliere e imparare a camminare insieme a chi Gesù mi mette, ci mette accanto!
I fratelli di cammino non si scelgono! Ci vengono affidati e, a nostra volta, siamo loro affidati, in un cammino di reciproca fiducia!
A quanti si impegnano a camminare secondo questa “logica rivoluzionaria della fraternità” il Signore Gesù dà potere sugli spiriti impuri, sul male! Sì, perché l’amore (che non “fa le scarpe all’altro!”) vince il male!
Se da una parte la Liturgia ci interroga sul nostro essere “inviati” dall’altra ci provoca sulla nostra capacità di accoglienza dei profeti.
Ma bisogna distinguere tra profeti e “mestieranti”!
E i profeti si riconoscono per la loro capacità di “rottura”, che inevitabilmente li rende “scomodi” e motivo di “disprezzo”.
Amasia insorge contro Amos perché questo profeta non era affatto accomodante e denunciava la schizofrenia di un culto slegato da una vita giusta!
Non è possibile – Dio non lo gradisce affatto! – offrire un olocausto ed usare bilance false!
È ingiustificabile, potremmo dire oggi, venire a messa e non pagare e non tutelare i propri dipendenti!
Il profeta non può essere un mestierante asservito ai potenti di turno!
Amos dice chiaramente di non essere un “profeta di mestiere” e, di conseguenza, afferma di “non poter tacere”!
Parafrasando, potremmo dire che la risposta di Amos ad Amasia sia stata: poiché non sono profeta di mestiere, poiché facevo tutt’altro nella vita, tu non puoi prendertela con me se ora parlo con franchezza! È “colpa di Dio”! È lui che mi ha chiamato ed inviato ... per questo non posso tacere!
Quando un “profeta” parla, attraverso la sua voce il Signore ci chiede un di più di giustizia e di amore, che necessariamente ci scomoda!
Lasciamoci scomodare! Non trinceriamoci nelle nostre stanche e grigie abitudini!
Aiutaci, Signore, ad accoglierti nella parola e nella vita dei tuoi discepoli, dei tuoi profeti, e aiutaci ad essere per gli altri tuoi discepoli e profeti credenti e credibili. Amen.