Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,24-35. - Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.
Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?».
Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.»
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO
XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B
5 agosto 2018
Il segno rivoluzionario compiuto da Gesù grazie alla capacità di condivisione di un ragazzo che non si lascia scoraggiare dalla rassegnazione (“Che cos’è questo per tanta gente?”) e dall’egoismo (“Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”) è un segno che viene frainteso da molti.
Un segno che, accompagnato dalle parole di Gesù a Cafarnao, provocherà – lo ascolteremo nelle prossime domeniche – una vera e propria crisi tra coloro che lo seguivano.
Il fraintendimento viene subito intercettato dalle parole ironiche di Gesù, che non si lascia corrompere dall’entusiasmo (“Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo”) né è preoccupato per i numeri (“quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù”).
Gesù, infatti, riconosce subito che dietro l’entusiasmo e dietro i numeri c’è un fraintendimento, che Egli denuncia chiaramente: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”!
Le parole ironiche di Gesù suonano come una provocazione anche per noi.
Ciascuno di noi dovrebbe farsi interpellare da queste parole e chiedersi con grande onestà: perché cerco/seguo Gesù?
Dalla risposta a questa domanda possiamo avere il “termometro” della nostra vita di fede.
Spesso, infatti, anche noi cerchiamo/seguiamo Gesù semplicemente perché vediamo in Lui una sorta di “distributore automatico” (per di più gratuito) di miracoli, come la folla che lo cercava perché aveva mangiato dei pani.
Una religiosità di questo tipo, però, è insufficiente!
Una conseguenza di questo tipo di “religiosità”, infatti, è che quando il “distributore” non obbedisce più alle nostre “richieste” la nostra presunta “fede” vacilla, fino ad arrivare alla negazione di Dio (in genere, si “ragiona” in termini quali: ho chiesto questa “grazia”, Dio non me la concede, quindi Dio non esiste)
Gesù, oggi, attraverso la sua sottile ironia, vuole spronarci ad andare oltre il “miracolismo” religioso, che spesso ci caratterizza, e spingerci a vivere l’entusiasmante cammino della fede!
Quello dei pani è un segno, analogamente al un cartello stradale, che ci indica una direzione precisa verso cui camminare.
Il segno è un’indicazione, ma la meta, indicata dal segno, è altra, rispetto al segno stesso.
Ecco perché alla folla, e a noi, Gesù dice: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna”.
C’è un cibo che non dura, che non sazia, che non soddisfa!
E spesso, troppo spesso, noi investiamo energie, anni, denaro ... tutta la nostra esistenza alla continua ricerca di questo cibo che non dura!
Ci affanniamo, ci stanchiamo ... e siamo infelici!
Oggi, Gesù ci ricorda che Egli mette sempre a nostra disposizione un cibo diverso: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”!
Il cibo che rimane per la vita eterna è proprio Lui
Oltre a preoccuparci per il cibo materiale, che dobbiamo imparare a condividere perché non manchi sulla tavola di nessuno, dobbiamo perciò darci da fare per il cibo che rimane per la vita eterna: il Signore Gesù, la Sua Parola, la sola capace di saziare la fame più profonda che ciascuno di noi porta nel cuore.
Soprattutto per questo “pane di vita” facciamo nostra la richiesta della folla: “Signore, dacci sempre questo pane”! E avremo vita in abbondanza! Amen.