Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19 (09 ott. 2022)
11 E avvenne che, nel viaggiare a Gerusalemme, egli passava per il mezzo della Samaria e della Galilea. 12 E, entrando in un certo villaggio, vennero incontro (a lui) dieci uomini lebbrosi, che stettero a distanza; 13 ed essi alzarono la voce dicendo: Gesù, Signore, abbi pietà di noi. 14 E, visto, disse loro: Andate a mostrarvi ai sacerdoti. E avvenne che nel salire furono mondati! 15 Uno solo di loro, vedendo che era stato guarito, ritornò, con gran voce glorificando Dio, 16 e cadde sul volto ai suoi piedi, facendo eucaristia a lui. E questi era un samaritano. 17 Ora, rispondendo, Gesù disse: I dieci non furono mondati? ora i nove, dove (sono)? 18 Non si trovarono che tornassero a dar gloria a Dio, se non questo estraneo? 19 E gli disse: Sorgi, viaggia; la tua fede ti ha salvato.
Lectio di don Alessio De Stefano
La menzione di Gerusalemme, meta verso la quale Gesù si dirige, segnala l’inizio di una nuova sezione. Si entra così nella terza parte di questo viaggio segnata, come le prime due, da insegnamenti vari di Gesù. Un primo insegnamento lo si trova nella pericope dei dieci lebbrosi, testo prettamente lucano. vv.11-12 - Indubbiamente, Luca non è preoccupato di tracciare la mappa del viaggio di Gesù. Solo il punto di arrivo gli interessa. Secondo il v.11, Gesù sembra essere ancora in Galilea, mentre in 9,52.56 era entrato in Samaria; forse Gesù costeggia la frontiera “tra Samaria e Galilea”; inoltre ci si aspetterebbe che, in quest’espressione, la Galilea fosse menzionata per prima, poiché per andare a Gerusalemme Gesù deve uscire dalla Galilea e attraversare la Samaria; Luca vuole forse con ciò mettere in evidenza la Samaria da dove proviene il lebbroso sul quale l’episodio si ferma. Benché Luca scriva che Gesù sta “entrando in un villaggio” (v. 12), occorre intendere che si sta avvicinando a esso, perché i lebbrosi che gli vengono incontro non possono venire dal villaggio, ma da fuori, dal momento che non era loro permesso vivere nei villaggi: sanno che la loro malattia rende impuri quelli che avvicinano e perciò vivono “fuori dell’accampamento” (cf. Lv 13,45-46).
Ma anziché gridare: “Impuro! Impuro!”, alzano la voce verso Gesù per chiedere aiuto “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. La fama di Gesù ha dunque raggiunto anche quella regione, dove forse la notizia che Gesù aveva guarito un lebbroso in Galilea si era diffusa (cf. 5,12-16) vv. 13-14. Il titolo dato a Gesù, “maestro” (“capo”, epistates:1 3), si trova nel NT solo in Luca e sempre, salvo qui, sulla bocca dei discepoli (particolarmente di Pietro, cf. 5,5; 8,45; 9,3; e 8,24; 9,49), quando si trovano in situazione critica. Qualifica perciò Gesù in quanto detentore di poteri sovraumani che possono risolvere la situazione. Sulla bocca dei lebbrosi questo titolo designa quindi fondamentalmente il taumaturgo, e il grido “abbi pietà di noi”, non significa che essi abbiano riconosciuto in Gesù una figura divina o un salvatore. Gesù li rimanda ai sacerdoti, nominati al plurale forse perché vi sono più lebbrosi, o perché ci vorranno almeno due sacerdoti, un ebreo e un samaritano, poiché il lebbroso samaritano andrà da un sacerdote della sua religione. Più significativo è il fatto che, diversamente da 5,12ss., Gesù non guarisce i lebbrosi prima di mandarli dai sacerdoti; con l’invito ad andare dai sacerdoti, chiede loro un atto di fiducia, se non di fede, e tutti e dieci obbediscono, convinti che Gesù opererà, mentre camminano, la loro guarigione. vv. 15-16.
È effettivamente quello che avviene, per cui uno di loro torna indietro, da Gesù, senza andare dal sacerdote (lo potrà fare più tardi, perché i sacerdoti si possono sempre trovare, Gesù invece è in viaggio ed è solo di passaggio). Tornando, il lebbroso guarito glorifica (doxazo) Dio e ringrazia (eucharistéo) Gesù. Non si deve insistere troppo sulla diversità di questi verbi che non sono chiaramente distinti: doxazo è quasi sempre (nove volte) utilizzato da Luca per “rendere gloria a Dio”, ma in 4,15 serve per dire che Gesù “era glorificato da tutti”. Il verbo eucharistéo, più raro, è utilizzato quattro volte da Luca, tre volte per ringraziare Dio (cf. 18,11; 22,17.19) e una volta, qui, per ringraziare Gesù. Non è quindi possibile distinguere due diverse direzioni in questi verbi, una verso Dio, al quale si “renderebbe gloria”, e una verso Gesù uomo, che si “ringrazierebbe”; non è escluso, visto l’atteggiamento che il lebbroso guarito assume (gettandosi ai piedi di Gesù, faccia a terra), che egli consideri Gesù come una figura divina, nonostante non si parli esplicitamente di adorazione (proskynéo) che è diretta solo a Dio (cf. 4, 7-8), e quindi al Cristo risorto, partecipe, con la sua ascensione, del mondo di Dio (cf. 24,52).
L’elemento più importante di questo racconto sta alla fine: uno solo è tornato a glorificare Dio e a rendere grazie a Gesù; lui solo ha portato l’opera di Dio a compimento, potremmo dire, perché è la risposta dell’uomo ad attestare che Dio ha agito. vv. 17-19. Così avviene per il lebbroso tornato indietro; in lui l’atto di guarigione è stato completo. È quanto conferma Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato” (v. 19). Questa dichiarazione è una di quelle che Luca predilige (cf. 7,50; 8,48 e 18,42). Si deve allora fare un’osservazione su questa fede: tutti e dieci hanno obbedito all’ordine di Gesù; hanno quindi creduto alla potenza di guarigione di Gesù; e tutti e dieci sono stati guariti. Ma la fede (quella che afferra la salvezza) è stata di uno solo, dello “straniero”, del samaritano. Ritroviamo qui una costante del terzo evangelo che privilegia i poveri, gli emarginati, gli esclusi - e i samaritani fanno parte di questi “estranei”, come li chiama Luca, ma vi è pure una particolare concezione della fede: non è il semplice tenere per vero ciò che è stato detto, ma il riceverlo esistenzialmente, fino a esserne non solo fisicamente guariti, ma anche profondamente trasformati. È appunto ciò che dice il ritorno del samaritano che glorifica Dio a gran voce e ringrazia Gesù… Il lebbroso samaritano ha utilizzato la sua fede nascente per obbedire e rendere gloria a Dio, e ha trovato la salvezza.