Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 18,21-35. - In quel tempo Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.
Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?
E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO della PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE IN SIBARI
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – A
17 settembre 2017
Dopo essere stati invitati, domenica scorsa, a recuperare quell’esercizio di amore cristiano – la correzione fraterna – che ci fa essere segno dell’Amore di Dio, il Quale “non vuole che nessuno si perda”, in questa XXIV domenica del tempo ordinario, le letture ci spingono ancor di più in questa direzione, perché il cristiano, il discepolo di Gesù, dev’essere nel mondo il “sacramento di Dio”: attraverso il nostro modo di pensare e di vivere noi siamo chiamati a “ricordare al mondo” la misura smisurata, il “come” Dio ama e ci ama.
Le parole di Gesù sulla “correzione fraterna” suscitano nel cuore ristretto di Pietro – attrappito, come attrappito è spesso anche il nostro cuore! – anziché la gioia contagiosa dell’essere catapultato nel “Cuore di Dio”, un desiderio di “tirare il prezzo”, un po’ come capita quando si è ad una bancarella e il prezzo sembra molto alto. Perciò, Pietro, anziché chiedere “come” dovesse fare per perdonare di cuore al fratello che avesse commesso colpe contro di lui (e la risposta Gesù l’aveva già data nel prospettare i gradini della “correzione fraterna”: …), chiede “quante volte” avrebbe dovuto perdonargli, suggerendo già un limite oltre il quale non sarebbe più andato “fino a sette volte”!
L’umanità di Pietro è straordinariamente bella perché evidenzia chiaramente il nostro tentativo di rassegnarci e di troncare le relazioni … abbiamo tentato una, due, tre … sette volte, ma poi basta!
La risposta di Gesù e la parabola esplicativa che l’accompagna, invece, non è semplicemente un’indicazione moraleggiante – bisogna perdonare sempre! – ma, piuttosto, un invito a contemplare il Volto di Dio e il Suo agire nella nostra vita, perché la vocazione fondamentale dell’uomo (che è un dono di Dio e non un impegno titanico dell’uomo, come subdolamente suggerisce il serpente nel giardino) è di realizzare il proprio essere immagine e somiglianza di Dio, il proprio essere “come” Dio … perché l’uomo o è “come” Dio o semplicemente non è uomo, non realizza se stesso, vive in uno stato di eterna infelicità!
Essere “come Dio” significa “perdonare settanta volte sette”, “sempre” perché Dio “sempre perdona”.
La parabola del servo malvagio esplicita cosa significhi perdonare “settanta volte sette”.
C’era un servo che aveva verso il suo padrone un debito grossissimo. Questo servo pregò il padrone perché gli condonasse il debito e il padrone gli condonò tutto. Così fa Dio con ciascuno di noi. Sempre.
Il servo, a cui fu condonato tutto, sarebbe dovuto diventare “come” il padrone, capace di condonare tutto, perdonare sempre! Quel servo rappresenta ciascuno di noi!
Ma il servo proprio non capisce, come capita, purtroppo, molto spesso anche a noi!
Quel servo incontrò un altro servo – come lui! – che aveva verso di lui un debito irrisorio: come sarebbe dovuto essere? come avrebbe dovuto agire? “Come” il padrone! “Come” il padrone!
E invece? Quel servo mostrò di avere una memoria davvero molto corta! Una memoria corta come spesso è anche la nostra memoria!
Ci dimentichiamo di Dio, di come agisce Dio nella nostra vita, ci dimentichiamo del Suo Amore … con le nostre scelte diciamo a Dio di non aver gradito il Suo Amore, di non averlo accolto, di non averlo compreso!
E la conseguenza della nostra “memoria corta” qual è? Se abbiamo dimenticato che Dio ci ha condonato tutto, il debito che avevamo torna a farsi presente nella nostra vita e ci schiaccia!
Quante volte anche noi siamo stati e siamo come il servo “smemorato” e perciò “malvagio”!
Abbiamo bisogno di recuperare la “memoria” … ecco la sfida! Abbiamo bisogno di recuperare la memoria!
Ma questa memoria possiamo recuperarla solo se torniamo a “frequentare” seriamente e consapevolmente Dio, Che ci ama attraverso la Parola, i Sacramenti, la Comunità, i Poveri … perché se abbiamo il Suo Amore nel nostro cuore, se noi ci sentiamo custoditi nel Suo Cuore, nonostante le nostre miserie e i nostri debiti, certamente non ci metteremo a barattare sul prezzo, non chiederemo “quante” volte, ma, chiedendogli di prenderci per mano o di portarci in braccio, lo pregheremo di assomigliargli di più, di essere proprio “come” Lui è! Amen.