Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 22,15-21.
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate?
Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro.
Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?».
Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Commento di don Michele Munno
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – A
22 ottobre 2017
Il contesto del brano evangelico, che ascoltiamo in questa XXIX domenica del tempo ordinario, è quello in cui il potere religioso – rappresentato dai farisei – tiene consiglio per intrappolare Gesù, cercando di mettergli contro il popolo e il potere politico del tempo – rappresentato dagli erodiani.
Gesù, la sua vita e il suo insegnamento, scomoda tutti e tutti mette in crisi, in discussione. Dalla crisi, infatti, gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi possono avere a loro disposizione un’opportunità di conversione, aprendosi all’accoglienza di Gesù e della sua salvezza.
Se non ci si lascia mettere in crisi da Gesù e dalla sua Parola, allora, per giustificarsi, si cercherà sempre di “intrappolarlo”, di legarlo e imbavagliarlo, di toglierlo di mezzo proprio perché è scomodo e perché la sua Parola ci rimprovera e mette in luce le nostre miserie e infedeltà.
Quella di Gesù è la sorte di ogni profeta. Lo stesso era toccato, precedentemente, a Giovanni Battista, al quale, al momento opportuno, viene chiusa la bocca – messo in prigione – e messo definitivamente a tacere – fu decapitato! – proprio perché aveva denunciato Erode e la sua concubina Erodiade di vivere in una situazione di peccato grave (“Non ti è lecito”!).
L’interrogativo che viene posto a Gesù è davvero studiato ad arte. Infatti, se Gesù avesse risposto che fosse lecito pagare il tributo a Cesare, la folla, esasperata per l’oppressione politica ed economica dei romani, si sarebbe ribellata.
Se Gesù avesse dichiarato illecito il tributo avrebbe aizzato l’ira degli oppressori, l’ira del potere politico.
Gesù non elude affatto la domanda. Anzi, denuncia la malizia e l’ipocrisia dei suoi interlocutori.
Gesù neppure sminuisce il potere politico e temporale, anzi, se come prima lettura ascoltiamo il testo del profeta Isaia è proprio perché siamo chiamati a prendere consapevolezza che Dio può guidare le sorti dei popoli anche attraverso governanti che non lo conoscono, proprio come avvenne per Ciro, attraverso cui il Signore fece ritornare il popolo di Israele a Gerusalemme, dopo l’esperienza della deportazione e dell’esilio.
La risposta di Gesù, invece, è un invito a “Rendere a Dio quello che è di Dio”. È proprio questa l’affermazione “chiave” senza della quale non è possibile comprendere fino in fondo la prima parte della risposta di Gesù (“Rendete a Cesare quello che è di Cesare”).
L’immagine impressa sulla moneta e la relativa iscrizione sono di Cesare, ma nell’uomo è impressa l’immagine e la somiglianza di Dio, l’uomo porta scritta nella sua identità più profonda l’iscrizione di Colui che l’ha plasmato, gli ha donato il soffio vitale e che, attraverso lo Spirito, continua a vivificarlo.
“Rendere a Dio quello che è di Dio” è la sintesi dell’insegnamento di Gesù e costituisce proprio il motivo per cui era diventato scomodo per i farisei e per gli erodiani.
Gesù, infatti, attraverso la sua vita e la sua Parola, ha invitato l’uomo, smarrito e smemorato, a ritornare a Dio, al suo Amore, a ri-cordare che l’uomo è essenzialmente “figlio” di Dio e “fratello” di ogni uomo, che ciascun uomo porta impressa in sé l’immagine e la somiglianza di Dio e che, pertanto, l’uomo può realizzarsi solo nel servizio, nella lode di Dio e nell’amore dei fratelli.
Chi pensava di intrappolare Gesù con una parola si ritrova ad essere ulteriormente messo in crisi dalla sua Parola: “Rendete a Dio quello che è di Dio”!
Che la nostra vita possa essere una scoperta sempre nuova e un annuncio sempre più efficace “dell’immagine e dell’iscrizione” che ciascuno di noi porta impressi finché non brillino con chiarezza sul volto e nella vita di ogni uomo e di ogni donna. Amen.
Nell'allegato il Foglio informativo settimanale della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari