Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,40-45.
In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!».
Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.
COMMENTO DI DON MICHELE MUNNO
Riflettiamo “insieme” sulla Parola di Dio della Domenica
11 febbraio 2018
VI Domenica del Tempo Ordinario – B
(Lv 13,1-2.45-46; Sal 31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45)
Dopo la liberazione dell’indemoniato e la guarigione della suocera di Simon Pietro, ormai alle porte della quaresima, il Vangelo secondo Marco ci pone di fronte ad un altro segno compiuto da Gesù: la purificazione di un lebbroso.
Credo siano necessarie due premesse, per comprendere un po’ più in profondità la pagina del Vangelo che ascoltiamo.
La prima premessa è quella relativa ai “miracoli” – meglio sarebbe parlare di “segni” – compiuti da Gesù.
È una premessa necessaria perché troppo spesso rischiamo di fraintendere il senso dei miracoli e, di conseguenza, rischiamo di vivere male la nostra fede e il nostro rapporto con Dio.
Attenzione! Dio non è una sorta di “sciamano” o uno strano “mago invisibile”, dotato di altrettanti strani “poteri guaritori”, che utilizza solo a favore di alcuni!
Una simile “credenza” potrebbe indurci a rivolgerci a Dio solo per chiederGli di concederci dei miracoli e potrebbe portarci a perdere la nostra fede in Lui, quando le nostre aspettative vengano disattese.
I miracoli che Gesù compie sono, invece, “segni” che intendono rivelare il vero volto di Dio: un volto fortemente connotato dalla compassione e preoccupato non tanto della guarigione “fisica” dell’uomo, quanto della sua salvezza.
La seconda premessa, che mi preme fare, riguarda il particolare “morbo” da cui viene purificato l’uomo che nella pagina del Vangelo si rivolge a Gesù: la lebbra, un morbo terribile che sfigura il corpo umano e isola l’ammalato dagli altri.
La lebbra, perciò, esprime bene la realtà del peccato.
Il peccato sfigura l’immagine e la somiglianza di Dio riposta nell’uomo e lo fa vivere ripiegato e concentrato unicamente su se stesso, isolato dagli altri: “impuro, se ne sta solo, abita fuori dell’accampamento”.
Dio ci vuole salvare proprio dal male terribile, mortale, del peccato! E ci salva compromettendosi nella nostra storia.
È particolarmente significativa la sequenza dei verbi: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse”.
Davanti alle nostre miserie, di fronte alla lebbra che è il nostro peccato, Dio ha compassione, ci tende la mano, ci tocca, ci parla!
È questo il dinamismo della salvezza: Dio si abbassa, ci tende la mano, cerca il contatto con noi, ci rivolge la Sua Parola di salvezza.
È l’esperienza che ci viene continuamente offerta attraverso i sacramenti e attraverso l’ascolto autentico della Parola: Egli ci tocca, ci parla, ci salva!
Alla nostra richiesta, “Se vuoi, puoi purificarmi”, il Signore risponde ancora attraverso i sacramenti e attraverso la Sua Parola di salvezza!
Celebrando autenticamente i sacramenti e ascoltando autenticamente la Parola, avvertiamo l’appello continuo ad essere imitatori di Cristo e facciamo esperienza profonda di purificazione e di salvezza. Ci sentiamo avvolti dal suo Amore compassionevole e appassionato, che contagiandoci ci salva!
Lasciamoci contagiare dall’Amore di Dio e contagiamo il mondo Suo Amore al mondo! Amen.
NELL'ALLEGATO IL FOGLIO INFORMATIVO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE IN SIBARI