Anche gli dei non sono tutti uguali. Eos ovvero Aurora, la dea che commise un fatale errore perché lavorava troppo.
Pure gli dei, alle volte, hanno i problemi di noi comuni mortali. Per esempio, le troppe cose per la testa perché il datore di lavoro ti spreme come un limone. Prendi la povera Eos, dea dell’Aurora. Un lavoro massacrante, sventurata creatura. Ogni mattina che Zeus manda sulla terra, ancor prima che sorga il sole, eccola lì, con le dita di rosa, ad aprire le porte dell’Olimpo per far uscire il carro del sole. Ci sono dei di prima categoria e dei che si arrabattano: lei fa parte della seconda schiera. Ogni giorno una levataccia, mentre gli altri conviti, banchetti fino a tardi, ambrosia che scorre a fiumi.
Ci sta che poi hai sempre la testa da un’altra parte e non ti concentri bene. A Eos capito così. Che vide questo bel pezzo di figliolo, Titone, principe troiano fighissimo, e disse: mo me lo sposo. Bisogna capirla Eos. Veniva fuori da una brutta storia con Ares, e si sa che Ares è un bel pezzo di Dio, ma attaccabrighe e violento. La trattava malissimo, ogni tanto una sveltina, nascosti nei giardini dell’Olimpo, perché poi Ares aveva anche in contemporanea una tresca con Afrodite. Insomma, povera Eos, non solo dea di secondo piano ma pure amante part time: un inferno.
Invece Titone era bello e gentile. Eos proprio ci perse la testa. Andò da Zeus e gli chiese il permesso di sposarselo, e visto che era mortale e lei dea, chiese anche per lui l’immortalità, perché mica voleva rischiare, una volta moglie, di diventare subito vedova.
E lì che successe il pasticcio, perché il diavolo fa le pentole e non i coperchi, ma anche gli dei alle volte combinano casini. Eos, distratta, forse per il sonno, forse per quella cosa che se non sei umana certe cose le dai per scontate, chiese per il suo amante l’immortalità, ma non l’eterna giovinezza. E quindi Titone non moriva, ma invecchiava, e male. L’amore è amore, certo. Ma se per i mortali invecchiare insieme può essere tenero, per una dea trovarsi accanto un marito che pare un foglio di cartapecora non è cosa. Titone alla fine chiese di morire, perché in fondo è quello che spetta a noi mortali.
E Eos rimase sola ad aprire e chiudere le porte dell’Olimpo, sola e triste, senza nemmeno un sindacato a difenderla perché in fondo quella distrazione fatale era anche colpa di quel lavoro così ripetitivo, senza soddisfazione, che le avevano affibbiato. Perché nella vita se sei un lavoratore sfruttato e ti distrai per la stanchezza un attimo mandi tutto in rovina, pure se sei una dea.
Mariangela Vaglio
Il Mondo di Galatea