Quelli della mia età ricordano certamente le ore passate a studiare e ad assaporare le eroiche gesta di eroi mitici, tramandateci da Omero, quando frequentavamo le medie. Non c’era la televisione e i fumetti erano scarsi, gli eroi della Marvel non li conoscevamo, ci affascinavano gli eroi dell’Iliade e dell’Odissea alcuni per il loro ardimento, la loro forza, la loro capacità di condottieri, chi non ricorda Achille, Ettore, Aiace Telamonio, Aiace Oileo, Paride, Ulisse, Telemaco e via via tutti gli altri più o meno grandi combattenti, pochi ricordano il personaggio per il quale iniziò tutta la manfrina della guerra e degli avventurosi viaggi di ritorno, mi riferisco a Menelao il marito della bellissima Elena, il cornuto per la cui vendetta morirono tanti bravi ragazzi.
Ho trovato questo arguto e simpatico brano della prof.ssa Mariangela Vaglio, storica di vaglio, - scusate il gioco di parole - della quale abbiamo spesso pubblicato suoi contributi. Ve lo propongo tale e quale, sono sicuro che vi piacerà. E’ una lezione di stile, un insegnamento per i maschietti bellicosi che diventano brutali quando le donne che ritenevano di loro proprietà non ne vogliono più sapere di loro. Leggete e imparate uomini, e non fate fare la figura dei cerebrolesi a tutto il genere maschile. Menelao all’ultimo momento ci ha ripensato e gli è andata bene.
E diciamocelo, Menelao, tu sei uno di quelli di cui si pensa sempre: avrebbe meritato di meglio. Perché, tesoro bello, nella classe di eroi della mitologia greca, ti tocca una eterna seconda fila: nell’Iliade, fratello minore di Agamennone, marito di Elena cornificato da Paride, nell’Odissea comparsa che fa un cammeo quando Telemaco va in gita a cercare notizie del babbo. Pur se sei al centro degli intrighi, perché Elena la rapiscono a te, mai che ti ritrovi con un riflettore puntato addosso. Una vita in penombra, la tua, con sempre qualcuno più sfolgorante davanti.
Eppure, in qualche modo tutto tuo, brilli. Gli altri combattono per il potere come Agamennone, s’incazzano come Achille, tessono intrighi come Ulisse. E tu silenzioso e un po’ schivo, forse timido, alla fine della fiera però sopravvivi a tutto. Torni a casa, a Sparta, e sei uno dei pochi a non rimetterci le penne. E ti porti accanto la donna per cui tutto sto gran cosa era scoppiato, che ti ha tradito, e platealmente, ma tu la rivuoi al tuo fianco, come se nulla fosse successo fra voi.
Perché c’è quella scena bellissima, Menelao, in cui tu, l’ultima notte di Troia, vaghi per la città con la spada sguainata, e vai da Elena, con l’intento di ammazzarla. E se lo meriterebbe, quella cagna, perché non ti ha fatto solo becco, no. Ti ha reso il becco più famoso della storia dell’umanità, quello di cui tutti si ricorderanno nei secoli dei secoli, in tutto l’Occidente, e quindi di essere incazzato, più e più di Achille, ne avresti ben donde, tesoro mio. Ma quando arrivi, e lei è lì, alla tua mercé, con la gola scoperta e sfiorata dalla lama della tua spada, ti fermi. E non l’ammazzi.
Perché è bella, certo. E perché Elena è pur sempre una mezza dea. Ma c’è tutto un mischiotto di sentimenti e di riflessioni che in quell’attimo si fanno strada in te, e ti portano ad una illuminazione. Tu sei lì, con la spada in mano, e ci vorrebbe un nulla a colpire e rovinare tutto. Ma capisci, quello che pochi esseri umani hanno la fortuna di capire nella vita: non ne vale la pena.
La guerra l’hai combattuta. L’onore lo potresti vendicare. Ma contano davvero? Tutto quel sangue, tutta quella violenza, tutta quella morte sparsa in ogni dove. Non hanno senso, ma soprattutto non danno soddisfazione. E Elena non ti appare bella, crudele, egoista e forse nemmeno affascinante. Ti appare per quello che è: un essere umano in balia di eventi più grandi, che chiamiamo fato, o destino, o forse caso e basta. Un essere umano, solo un essere umano. Proprio come te.
E allora ti passa la rabbia, e l’ira, e il bruciore dell’orgoglio. Perché ti vedi lì, in una stanza, in mezzo ad una città che brucia, davanti ad una donna che conosci e che hai amato, e che è spaesata e confusa e impaurita quanto lo sei tu. Se la ammazzi, resterai ancora più solo, dovrai tornare a Sparta, da tua figlia, con le mani più sporche di sangue e ancora più infelice.
E allora ti fermi. La guardi, lei ti guarda, e finisce lì. La prendi per mano, la riporti a casa con te, perché la vendetta è un piatto che si serve freddo e per questo rimane indigesto a tutti.
Quello che vuoi è solo dimenticare. Dimenticare la guerra, la brutalità, ciò che hai visto e che hai fatto. Vuoi ritornare alla tua normalità, a casa. E la tua casa e anche lei. La perdoni. Forse in realtà perché non l’avevi mai davvero condannata. In quella guerra voluta da altri per orgoglio tu sei stato travolto, come lei, come i Troiani, come tutti. E il tuo vero atto da protagonista è uscire dal gioco, fare quello che nessuno si aspetta. Lasciare correre, andare via.
Non c’è vendetta migliore che tornare ad essere felici. E gli altri ti chiamino pure cornuto per l’eternità. Tu sei tornato al tuo nido con la donna che ti ha reso e ti rende sereno. Hai vinto tutto, Menelao. Sei il vero eroe della guerra.