Pare che la neo-eletta amministrazione comunale di Cassano Jonio si sia premurata di voler mettere a disposizione delle famiglie in stato di bisogno il Banco Alimentare, così come era stato fatto nel 2017, anno in cui l’A.C., retta anche allora dall’attuale rieletto sindaco Giovanni Papasso, è stata costretta ad interrompere la sua azione di governo della cosa pubblica locale per i motivi che non stiamo qui a ricordare.
Molti ci hanno chiesto lumi sull’organizzazione di questa importante attività in momenti grami come quelli che stanno vivendo molte famiglie del territorio - non solo del nostro comune – e ci siamo premurati di capire come funziona tutto il sistema degli aiuti in Italia e in Calabria in particolare.
- Al vertice di una catena di organismi c’è L’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) che ha stabilito le regole e le istruzioni per l’attuazione del programma operativo volto all’erogazione di aiuti alimentari a favore dei più poveri, finanziato dal FEAD, ossia il Fondo Europeo di aiuti europei agli indigenti.
- All’AGEA fanno capo 21 Associazioni “no profit” (una per ogni regione) che aderiscono alla Rete Nazionale Banco Alimentare gestita sempre dall’AGEA.
- In Calabria e nelle seguenti regioni: Campania, Molise, Puglia, Lazio, Basilicata e Piemonte opera il “Banco delle opere di carità” “associazione a carattere nazionale che si occupa del recupero dello spreco facendolo diventare risorsa. Il Banco delle opere di carità è un'opera sociale al servizio delle opere di carità presenti sul territorio nazionale” e a supporto di enti, nella fattispecie Comuni, che ne fanno richiesta.
Vediamo ora come si sviluppa questa rete “umanitaria”. I soldoni arrivano dalla CEE, l’AGEA li incamera e tramite la rete “Banco Alimentare” li tramuta in “Beni di prima necessità” che vengono distribuiti tramite le predette “Associazioni” Regionali”, alle quali si devono rivolgere gli Enti che desiderano usufruire di questi aiuti.
In Calabria “L’Associazione Banco Alimentare Onlus” no profit, ha sede a Montalto Uffugo ed è gestita, lo apprendiamo dal loro sito web, da due dipendenti retribuiti, uno dei quali è il direttore, l’altro probabilmente un impiegato amministrativo e ben 25 volontari, con una disponibilità di 2 automezzi, 9 transpallet, 3 sollevatori, celle frigorifere e magazzini.
Sempre dal sito web, apprendiamo che con loro sono convenzionate ben 672 strutture di carità e che assistono 132.871 persone bisognose.
Se teniamo conto che la Calabria ha circa un milione e ottocentomila abitanti, dai quali bisogna togliere gli almeno 300mila che vivono all’estero e in altre regioni, osserviamo che circa il 10% dell’intera popolazione calabrese usufruisce di questa assistenza alimentare.
Ma la catena distributiva si allunga con altre organizzazioni sempre “no profit” come quelle menzionate nel precedente “Punto 3”. La sede centrale – apprendiamo da Wikipedia – si trova a Caserta ed assiste 350.000 persone attraverso 1.150 enti convenzionati, ovviamente i numeri si riferiscono a tutte e sette le regioni in cui opera.
In Calabria la sede è a Cirò, dal loro sito web apprendiamo che non dispone di automezzi, ha però 1200 mq di magazzini, celle frigorifere, impianti diversi e l’attività viene svolta da 10 volontari e da un referente, le cui funzioni non sono meglio specificate, per assistere 201 Enti e 93470 persone bisognose.
Andiamo a noi. Il Comune di Cassano all’ionio nel 2017 ha pagato a questa organizzazione “no profit” cirotana circa 38mila Euro in diverse tranches e poco meno anche nel precedente anno 2016. Quali sono stati i servigi per cui i cittadini di Cassano hanno pagato?
- Il trasporto dei prodotti, di cui il nostro comune aveva fatto richiesta in base al numero dei bisognosi accertato dal nostro Ente tramite gli uffici preposti, da Montalto a Cirò;
- Il confezionamento dei pacchi da distribuire successivamente alle famiglie:
- Il trasporto dei pacchi da Cirò a Cassano.
Da quel che siamo riusciti a capire il valore commerciale medio del contenuto dei “pacchi” era di circa € 20,00 (venti Euro)
Ora se facciamo una piccola operazione di aritmetica elementare, con 38mila Euro di pacchi se ne sarebbero potuti fare circa 1900 e senza ricorrere alle “elemosine” comunitarie.
Intendiamoci, non stiamo stigmatizzando negativamente l’operato della nostra A.C. perché questo è il “modus operandi” della “carità pelosa” nella nostra italietta che da un lato dà e dall’altro riprende. Non vogliamo neanche stare a fare i conti in tasca a queste “onlus”, anche se un po’ di perplessità, onestamente, ce la trasmettono. Se i costi di questa “assistenza” sono come quelli pagati dal nostro comune, fatte le debite proporzioni, le cifre che incamerano tali associazioni non sono poi trascurabili.
Dopo quanto abbiamo imparato, forse non sarebbe male se i servizi sociali del nostro comune cominciassero a prevedere di affidare alle organizzazioni di volontariato locale l’importante incombenza di assistenza ai disagiati. E’ probabile che in tutta la nostra disamina ci sia sfuggito qualcosa, ce ne scusiamo e preghiamo chi ne sa di più di volercelo comunicare, noi siamo semplici cittadini che vogliono veder chiaro in quel che succede, non riceviamo guiderdoni da enti, giornali o altro, siamo autentici “volontari” dell’informazione libera, democratica e indipendente.
Per la redazione di infosibari.it
Antonio Michele Cavallaro