A proposito delle differenze di genere di cui ultimamente si parla sempre con maggiore insistenza, anche nella Chiesa vi sono fraintendimenti pericolosi. Mi è capitato sott'occhio l'articolo che sottopongo alla vostra attenzione cari lettori. Io l'ho trovato molto interessante, é di un prete di 60 anni che "non la manda a dire". don Ariel S. Levi di Gualdo (nella foto durante una trasmissione TV) ordinato a 46 anni, quindi dopo lunga e meditata riflessione, ha scritto molti libri, se ne volete sapere di più leggete le brevi note biografiche nell'allegato e poi vi consiglio di procurarvi qualcuna delle sue numerose pubblicazioni, vi assicuro che molte delle titubanze riguardanti il rapporto tra l'essere cristiano cattolico osservante e uomo di questi tempi sono facilmente superabili, senza le assurdità che il "politically correct" a tutti i costi ci impone. (A.M.Cavallaro)
Dinanzi al fallimento del Ddl Zan il Padre Ivano Liguori e io pubblicammo un saggio nel novembre del 2021 intitolato Dal Prozan al Prozac. Libro che non ha perduto attualità, semmai l’ha acquistata, come altre nostre opere dove gli autori hanno guardato al futuro senza lasciarsi intrappolare dalle emozioni sociali del presente e analizzando certe derive fallimentari in divenire. Questo libro fu dedicato alla memoria del grande attore di teatro Paolo Poli, di cui riportammo nel retro di copertina un’espressione boccaccesca molto forte. Frase che costituisce il paradigma di quei soggetti che si sentono dei perfetti cattolici arcobalenati e che come tali non possono tacere, al punto da reclamare il diritto ad avere la gallina, l’uovo e il culo caldo, come recita questo sapiente detto della saggezza popolare emiliano-romagnola (An s’pol brisa aver galina, ov e cul cald). A riguardo di certi cattolici perfetti arcobalenati che non possono tacere Paolo Poli commentò: «Vedo molta omologazione, un appiattimento della propria individualità, anche nell’apparire: tutti vestiti uguali in uno stereotipo pseudo-maschile, logicamente etero […] I gay potrebbero avere la possibilità di esprimere una propria unicità e diversità nel senso più vero del termine. Invece no, vogliono giocare a marito e moglie e avere il permesso del Papa per potersi inculare! Ma dai! Lasciamo stare» (Paolo Poli, intervista del 17 dicembre 2003). Questo è il problema,raffigurato ormai vent’anni fa in modo plastico da questo artista che era inorriditodalle parate del Gay Pride e che faceva abituale uso di termini come «froci … froce … finocchi … finocchie … checche …», quindi un pericolosissimo omofobo mascherato sotto le spoglie di uno dei più grandi e celebri artisti omosessuali del Novecento.
Oggisiamo spettatori di diversi pericolosi squilibri legati alla violenta negazione di un concetto cristologico che sta a fondamento della nostra Cristianità: il compito della Chiesa non è di amoreggiare con le tendenze del mondo, ma di combatterle. È pertanto raccapricciante e pericoloso che in giro per le Diocesi d’Italia si stiano moltiplicando incontri e veglie di preghiera contro la cosiddetta omofobia all’insegna del politicamente corretto. Sui manifesti che annunciano queste iniziative c’è una ostentazione di sigle che fanno vario riferimento ai «cattolici LGBT» o gruppi di «omosessuali cattolici» [vedere QUI, QUI, QUI, etc …].
Chiariamo: non si tratta di essere né rigorosi né intransigenti, perché se un cattolico è tale o desidera esserlo, non può rivendicare il diritto a praticare l’omosessualità e a costituire associazioni LGBT di cattolici, perché commettere peccati rientra nella piena libertà umana. Va però chiarito che il peccato commesso ― sebbene permesso da Dio in virtù della libertà e del libero arbitrio donato all’uomo ― non è un diritto. E tra i vari peccati gravi la sodomia rimane tutt’oggi un peccato che grida al cielo [Cfr. Catechismo nn. 2357-2359]. Poi, che non esista peccato superiore alla grazia e alla misericordia di Dio, questo è un fondamento della nostra fede. In questione non sono però né la grazia né il perdono, ma che certi non meglio precisati «cattolici LGBT» o «cattolici omosessuali» stiano ormai rivendicando, in gruppi costituiti e organizzati, il diritto all’esercizio di una sessualità che è in totale contrasto con tutti i principi della morale cattolica. Ma c’è di peggio: questi gruppi, lungi dal cercare la grazia e il perdono di Dio, si stanno infiltrando nelle nostre strutture ecclesiali, diocesane e parrocchiali per rivendicare da una parte il “diritto” al peccato, dall’altra per spiegare che nei concreti fatti a sbagliare non sono loro, ma la Chiesa. E questo è inaccettabile, perché la Chiesa di Cristo, madre e maestra, in materia di dottrina e di fede non sbaglia, perché gode di una assistenza speciale dello Spirito Santo inviato da Cristo Dio a Pentecoste, il quale la regge e la governa.
Siamo dinanzi a un gaio cavallo di troia arcobalenato fatto entrare in modo scellerato da molti nostri vescovi all’interno della Città Santa, con tutte le devastanti conseguenze che a breve ne deriveranno. I vescovi che per non avere problemi di impopolarità stanno appoggiando o tollerando questa invasione, sono avvolti da una grave confusione su un nostro preciso fondamento: la Chiesa respinge il peccato ma accoglie sempre il peccatore, soprattutto i peggiori peccatori. Se non lo facesse tradirebbe nel peggiore dei modi la missione che Cristo Dio le ha affidato. Proprio in questo sta però la confusione e lo smarrimento, lo vado dicendo e spiegando da anni, ma non mi stanco di ripeterlo: oggi corriamo il rischio di accogliere non più il peccatore ― che ribadisco va sempre accolto ―, ma il peccato istituzionalizzato, sino a genuflettersi timorosi all’insegna del politicamente corretto dinanzi ai vari gruppi LGBT che rivendicano una strana idea di cattolicità, sino a pretendere che la Chiesa dichiari che il male non è tale ma bene. Anzi peggio: accusando di omofobia chi indica il male e il peccato come tali, organizzando a tal scopo persino incontri di preghiera per chiedere a Dio la conversione dei poveri omofobi che indicano la sodomia come turpe peccato, rifiutando di quanto sia “meraviglioso” che due maschi si accoppino dichiarando di farlo per puro amore e sentendosi proprio per questo con la loro eccentrica coscienza “cattolica” in perfetto ordine.
Già anni fa sollevai questo quesito:quando una coppia di lesbiche che si sono fabbricate un figlio con l’inseminazione artificiale, o quando una coppia di gay che se lo sono comprato da un utero in affitto si presenteranno a chiedere il Santo Battesimo per la loro creatura, i nostri prudenti e lungimiranti vescovi, come intendono agire e reagire? Volete che descriva certe scene in anticipo? Presto fatto: in simili infauste occasioni ci ritroveremo nelle chiese tutto il gotha delle lobby LGBT, alle quali niente interesserà del battesimo, perché il loro scopo sarà solo dimostrare, tramite la pubblica profanazione di un Sacramento, che hanno piegato la Chiesa di Cristo ai loro capricci perversi. O vogliamo negare quanto sia in sé perverso e disumano che certe coppie si “fabbrichino” dei figli? E dinanzi a una coppia di lesbiche, o a una coppia di uomini sodomiti fieri e orgogliosi, quale prete avrà il coraggio di accogliere questi soggetti come genitori e fargli poi pronunciare le promesse battesimali? Come si può chieder loro di rispondere: «Rinunci a Satana … e a tutte le sue opere … e a tutte le sue seduzioni?». Qualcuno pensa realmente di chiedere a Satana di rinunciare a sé stesso? Perché due omosessuali che si sono “sposati” e poi “comprati” un bambino da un utero in affitto e che dichiarandosi “genitori” lo portano a battezzare all’unico scopo di piegare la Chiesa ai loro capricci diabolici, sono Satana in persona che irride un Sacramento di grazia, al quale si andrebbe a chiedere nei concreti fatti: Satana, prometti di rinunciare a te stesso?
Dinanzi a casi di questo genere, può mancare forse il cattolico “per caso” o il cattolico “si fa per dire” pronto a tuonare che la creatura, a prescindere da chi la presenta, non ha colpa e va in ogni caso battezzata per essere liberata dal peccato originale? Temo che al cattolico “per caso” o al cattolico “si fa per dire” sfugga questo dato teologico: esistono i mezzi ordinari di salvezza, ossia i Sacramenti a noi donati da Dio e amministrati attraverso il ministero della Chiesa, a seguire i mezzi straordinari di salvezza, che sono quelli esercitati da Dio, al di là dei Sacramenti e a prescindere dai Sacramenti stessi, di cui Dio non ha alcun bisogno per salvare le anime, che può redimere quando e come vuole, senza dover chiedere il permesso né alla dottrina né alla morale cattolica, tanto meno ai cattolici perfetti, perché Lui può derogare scegliendo altre vie, ma noi no.
Quindi sarà bene negarein modo deciso e categorico il Sacramento del Battesimo ai bambini di queste coppie che la Chiesa non può accettare come genitori, come modelli e come educatori alla vita cristiana, in quanto perversi e pervertitori. Se poi la creatura, giunta all’età della ragione, chiederà liberamente lei stessa il Battesimo, in quel caso faremo gran festa facendoglielo amministrare direttamente dal vescovo durante la Santa Veglia di Pasqua. Ma ai capricci del Demonio la Chiesa non può piegarsi, mai e in alcun caso.
Sempre in casa nostra abbiamo poi un’altra categoria di cattolici perfetti: quelli che sostengono l’omosessualità tristemente diffusa anche tra i sacerdoti, molti dei quali hanno portato questa piaga all’interno del nostro clero, costituendo quella che in un mio libro di 12 anni fa, E Satana si fece trino, indicai con profonde analisi e in anticipo sui tempi come Lobby gay ecclesiastica. Una lobby ormai molto potente, influente e parecchio dannosa.
Sbagliando gravemente, qualcuno potrebbe pensare che i non pochi preti gay che inquinano il clero siano protetti dalle frange cosiddette progressiste, ma non è così. A sostenerli sono perlopiù quei cattolici perfetti inebriati dalle trine barocche e mascherati da conservatori con uno sguardo eccitato verso i tradizionalisti, pronti a farsi beffa di un vescovo che indossa una mitria che non è di loro estetico gusto, per poi urlare poco dopo all’omofobo verso chi osa parlare della piaga dei preti omosessuali, che dentro la Chiesa non dovrebbero avere cittadinanza, perché un presbitero omosessuale praticante costituisce la peggiore profanazione del sacerdozio cattolico. Soprattutto, quando certe gaie checche ecclesiastiche raggiungono ruoli di governo, possono recare danni enormi, produrre ingiustizie terribili e colpire degni e santi sacerdoti non intenzionati a piegarsi ai capricci e agli umori di certi despoti clerical gay al potere.
Questi novelli cattolici perfetti si sono dati ormai alla pubblica caccia dell’omofobo, vedono omofobi ovunque. Con risultati a volte persino ridicoli e grotteschi. Ecco due diversi esempi: giorni fa, a Roma, sono passato per Via Trionfale e con mio grande stupore ho scoperto che il casotto della mitica Sora Maria che ha prodotto e offerto ai romani la grattachecca sin dal lontano 1933, è chiuso. Pare che la povera Sora Maria sia al momento sotto processo per avere offeso la comunità LGBT con la sua grattachecca, con tanto di gaia e agguerrita associazione radicale per la difesa di non meglio precisati diritti che si è costituita persino parte civile al processo. Ma c’è di peggio. Girando tra le bancarelle del mercato ortofrutticolo in Campo dei Fiori, notai che Sor Ernesto aveva esposto su una cassa il nome e il prezzo di un ortaggio scrivendo: «Foeniculum4 euro al chilo». Mi avvicino a lui e gli dico: «’a Sor Ernè, ma che ce stai a pija perculo? Nun te sei preso manco ‘a licenza media e mo’ sei deventato pure latinista?». Sor Ernesto si è spaventato a morte, mi ha invitato a parlare a bassa voce, poi, tirandomi da parte, ha sussurrato che tempo fa era stata presentata una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma da una associazione LGBT perché la parola «finocchi e finocchio» era un termine omofobo e non doveva essere più usata nel mercato ortofrutticolo. Anche in questo caso, la stessa gaia e agguerrita associazione radicale per la difesa di non meglio precisati diritti si era costituita parte civile pure in quel processo.
Molti tra di noiappartengono alla generazione cosiddetta giovanpaolista, non pochi divenimmo in seguito sacerdoti colpiti da quel richiamo lanciato dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II all’epoca in cui eravamo appena adolescenti: «… non abbiate paura, aprite: spalancate le porte a Cristo e alla sua salvatrice potestà!». E per aprire a Cristo e farlo regnare nella sua Chiesa, all’occorrenza è necessario sbarrare con forza le porte ai gai cavallini di Troia arcobalenati che rivendicano il “sacrosanto diritto” al peccato.
Intendiamo rimanere romani indomiti,liberi di poter dire senza paura grattachecca e finocchio, con buona pace dei cattolici perfetti che massacrano un vescovo per una mitria che non è di loro gusto, ma che poche righe dopo benedicono l’abominio della desolazione: l’omosessualità diffusa tra il clero, che nella Chiesa non può essere mai e in alcun modo tollerata. Perché la Chiesa accoglie da sempre il peccatore, soprattutto i peggiori peccatori, ma non può e non potrà mai benedire il peccato, specie se lo chiedono le gaie viperelle mascherate da cattolici perfetti che sparano a raffica su tutto e su tutti. Mentre noi, da uomini navigati che siamo, nonché da veri e reali conoscitori di quella curia romana che tanto eccita la insana libido di certi gay estetici che proprio non la conoscono e che per questo non la sanno minimamente analizzare, stiamo sul ponte in meditabonda attesa, sapendo quanti siano stati in numero, soprattutto di più intelligenti, potenti e cattivi, che abbiamo visto passare sotto trascinati via dall’acqua del fiume. Figurarsi se non vedremo passare a breve anche una piccola e sciocca viperella.