"Berlusconi? Un eccelso approfittatore della buona occasione, il genio del colpo di mano". Con questo titolo il giornalista/scrittore Davide D'Alessandro ha presentato l'intervista ad uno dei più grandi sociologi viventi a livello mondiale: Franco FERRAROTTI (nella foto a lato). Fra i tantissimi articoli che ci sono stati propinati in questi ultimi giorni dopo la morte di Silvio BERLUSCONI, abbiamo scelto per i nostri lettori quello che di seguito potete leggere. Intanto perché chi ha realizzato l'intervista non viene dal nulla, possiamo dire che il giornalismo può essere considerato un mezzo per divulgare sue opinioni visto che Davide D'Alessandro oltre alle sue innumerevoli pubblicazioni ha insegnato Ermeneutica filosofica all'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Laureato e specializzato in Sociologia e Psicologia, è PhD in Etica e filosofia politico-giuridica. Devo aggiungere che il caro amico prof. Giuseppe Costantino qualche anno fa durante uno dei nostri lunghi dialoghi sulle cose del mondo mi suggerì di leggere un libro di Ferrarotti su Max Weber dal titolo" MAX WEBER IL PROBLEMA DEL POTERE" che poi mi regalò; lo lessi d'un fiato e successivamente l'ho riletto, lo ringrazio per l'imbeccata e mi permetto di consigliarlo anche ai cari amici che mi leggono. Quando ieri ebbi contezza di questa intervista mi sono particolarmente incuriosito ed ho pensato di proporla su infosibari.it sicuro che i webnauti che ci seguono da anni avrebbero gradito. Grazie per l'attenzione. (A.M.Cavallaro)
"Quando le tante analisi su un grande evento non mi convincono, vuoi per astrattezza, vuoi per partito preso o, peggio, per servilismo, mi rifugio in Corso Trieste, a Roma, nello studio del professore Franco Ferrarotti, il padre, il nonno, il bisnonno, il trisavolo dice lui, con amabile ironia, della sociologia italiana. A 97 anni lo sguardo resta cristallino e la mente lucida favorisce e illumina un’argomentazione libera da appartenenze.
Che cosa legge e che cosa vede nel finale di partita di Silvio Berlusconi?
Di fronte alla morte di qualsiasi essere umano, non posso che dire, con Cicerone, de mortuis nil nisi bonum, dei morti niente (si dica) se non bene; però, noi osservatori, distaccati o meno, abbiamo il dovere e la libertà di esprimere opinioni. Di Berlusconi ho sempre ritenuto che sia stato un uomo in grado di sfruttare le amicizie importanti, soprattutto l’amicizia con un altro milanese, Bettino Craxi, e di essere, in buona sostanza, un eccelso approfittatore della buona occasione. I greci distinguevano il tempo in kronos e kairos. Kronos per indicare il banale scorrere del tempo, kairos per segnalarne l’elemento di qualità, l’abilità di fare la cosa giusta al momento opportuno. E chi è stato Berlusconi se non un grande opportunista, con l’intuito e la scaltrezza per trasformare una piccola televisione in un impero televisivo, una piccola impresa edilizia in una grande impresa che costruisce città nella città, guardando sempre e prima ai propri interessi. Il problema non è tanto, ovviamente, farlo nell’imprenditoria. Il problema è farlo anche in politica, dove si è posto a metà strada tra Machiavelli e Guicciardini, con una maggiore propensione per il secondo, riguardo soprattutto al famoso “particulare”.
Qual è stato il suo colpo più geniale?
Geniale mi piace, poiché lui è stato il genio del colpo di mano. Pensi ai tanti tifosi milanisti e ai tanti agenti di commercio che si trasformano istantaneamente in militanti di Forza Italia. Badi bene: di Forza Italia, non del Psdi, del Pri, del Pli o di non so quale altra sigla morta e sepolta. Il nome è uno slogan, semplice, diretto, con uno smisurato afflato emotivo. Chi di noi, di fronte alla Nazionale di calcio, non ha urlato Forza Italia? Anche in politica ha saputo sfruttare con opportunismo il collasso dell’Unione sovietica, la frana delle ideologie e dei partiti, che erano diventati megafoni menzogneri dell’ufficialità, il naufragio dei valori e degli ideali di eguaglianza e giustizia sociale, il vuoto che si era venuto a creare. Quel vuoto lo ha colmato con la rapidità della comunicazione che deconcentra, che esalta il momento emotivo a scapito del ragionamento e della riflessione. La quantità che surclassa la qualità.
Ha plasmato il Paese a sua immagine e somiglianza, come sostengono alcuni analisti?
Plasmare una società come quella italiana, una società dotata delle più antiche identità storiche, ma con una struttura politica unitaria recentissima, ed è questo il triste paradosso italiano, non è possibile. Berlusconi non ha plasmato alcunché, ma ha cavalcato ciò che c’era già e che lui, prima e meglio di altri, ha annusato, colto e sfruttato. Il postribolo televisivo è diventato il luogo da cui affermare la sua presenza con costanza, entrando nelle case degli italiani e fornendo agli stessi ciò che chiedevano, ciò che li allietava e, spesso, addormentava. Un piacevole sonnifero.
Ha destato una qualche sorpresa il lutto nazionale. Atto esagerato?
Il Presidente Mattarella è libero di andare al Duomo, i funerali di Stato per un ex Presidente del Consiglio non mi scandalizzano, il tutto fa parte di un conformismo che si avverte nell’aria; però, esistono anche gli atti politici e gli atti politici contano. Lungi da me voler paragonare Berlusconi a Mussolini, ma se il Duce come primo atto del suo governo abolì la nominatività dei titoli azionari, facendo un colossale regalo ai ricchi, il primo atto del governo Berlusconi fu la depenalizzazione del falso in bilancio. In un paese democratico e capitalistico come gli Stati Uniti, con il falso in bilancio si andrebbe in prigione vita natural durante. Qui ce la caviamo con una multa. Il conflitto di interesse non fu mai risolto, purtroppo neppure dai suoi cosiddetti oppositori, quando andarono al governo. Le leggi ad personam hanno nettamente caratterizzato il suo percorso politico. Questi sono fatti, non invenzioni.
Rivoluzione liberale, in bocca a Berlusconi, sono state soltanto due parole vuote?
Ma io, quando penso alla rivoluzione liberale, penso a Piero Gobetti, non a Berlusconi! Il nostro non era un uomo di pensiero, ma d’affari. Uno straordinario uomo d’affari. Era simpatico, ma anche una canaglia può esserlo. Il problema è che in Italia non ha ancora avuto luogo alcuna rivoluzione, men che meno liberale, perché ci sono quelli che comandano e quelli che comandano a quelli che comandano. Roma, non lo dimentichi mai, è una doppia capitale. C’è un al di qua del Tevere e un al di là.
Che cosa la preoccupa della politica italiana?
L’inconcludenza, il chiacchiericcio, il baratro che si è creato tra un certo mondo che si parla addosso, che fa i propri affari, e la maggioranza degli italiani. In pochi hanno preso sul serio la tremenda astensione elettorale, pericolosissimo segnale d’allarme per qualsiasi regime democratico. I nostri politici continuano a fare propaganda senza avere progetti, senza conoscere le tecniche delle riforme da attuare. Somigliano sempre di più a truppe d’occupazione un po’ distratte in un Paese che non conoscono affatto. Ci vuole un governo che governi e un’opposizione che superi l’autodistruzione. La destra, anche per merito di Berlusconi, davanti alla necessità di arrivare al potere, pur partendo da origini e orientamenti diversi, trova l’unità e vince. Dall’altra parte siamo fermi alla scissione del 1921. L’opposizione è fondamentale anche per la maggioranza. Non si illuda chi ritiene di poterne fare a meno. Non è un bene.
Per chiudere: che cosa ci aspetta senza Berlusconi, che ha comunque segnato, come ha ricordato anche il presidente Mattarella, la politica degli ultimi trent’anni?
Non lo so. Io non voglio assolutamente metterlo in croce. Il problema è che si possono ereditare i soldi e non altro, soprattutto se il culto della personalità ci ha imposto l’uomo solo al comando. La realtà è che in questo benedetto Paese, quando qualcuno ha il potere, fa in primo luogo gli affari suoi, della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Il familismo amorale resta il marcio di questa società. Il primo valore è sopravvivere. Primum vivere deinde philosophari. L’uomo di potere mira non a dirigere, ma a durare, sfruttando l’occasione per buoni affari secondo i moduli di una paramafiosità naturale insita nell’antico costume italico. Mancano un’idea e una prassi di un potere politico come funzione razionale collettiva: il bene comune. Mancano l’idea e la prassi di un potere come servizio. Mancano le idee di Adriano Olivetti, non a caso morto isolato culturalmente e politicamente."
Davide D'Alessandro